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Pietro Metastasio Attilio Regolo IntraText CT - Lettura del testo |
ATTO PRIMO
LICINIO. Sei tu, mia bella Attilia? Oh dei! confusa
fra la plebe e i littori
di Regolo la figlia
qui trovar non credei.
ATTILIA. Su queste soglie
ch'esca il console attendo. Io voglio almeno
farlo arrossir. Più di riguardi ormai
non è tempo, o Licinio. In lacci avvolto
geme in Africa il padre; un lustro è scorso:
nessun s'affanna a liberarlo; io sola
piango in Roma e rammento i casi sui.
Se taccio anch'io, chi parlerà per lui?
LIC. Non dir così; saresti ingiusta. E dove,
dov'è chi non sospiri
di Regolo il ritorno, e che non creda
un acquisto leggier l'Africa doma,
se ha da costar tal cittadino a Roma?
Di me non parlo; è padre tuo; t'adoro;
lui duce appresi a trattar l'armi; e, quanto
degno d'un cor romano
in me traluce, ei m'inspirò.
ATT. Fin ora
però non veggo...
LIC. E che potei privato
fin or per lui? D'ambiziosa cura
ardor non fu, che a procurar m'indusse
la tribunizia potestà: cercai
d'avvalorar con questa
le istanze mie. Del popol tutto a nome
tribuno or chiederò...
ATT. Serbisi questo
violento rimedio al caso estremo.
Non risvegliam tumulti
fra 'l popolo e il Senato. È troppo, il sai,
della suprema autorità geloso
ciascun di loro. Or questo, or quel n'abusa;
e quel che chiede l'un, l'altro ricusa.
V'è più placida via. So che a momenti
da Cartagine in Roma
un orator s'attende: ad ascoltarlo
già s'adunano i padri
di Bellona nel tempio; ivi proporre
di Regolo il riscatto
il console potria.
LIC. Manlio! Ah rammenta
che del tuo genitore emulo antico
fu da' prim'anni. In lui fidarsi è vano:
è Manlio un suo rival.
ATT. Manlio è un romano;
né armar vorrà la nimistà privata
col pubblico poter. Lascia ch'io parli;
udiam che dir saprà.
LIC. Parlagli almeno,
parlagli altrove; e non soffrir che mista
qui fra 'l volgo ti trovi.
ATT. Anzi vogl'io
che appunto in questo stato
mi vegga, si confonda;
che in pubblico m'ascolti e mi risponda.
LIC. Ei vien.
ATT. Parti.
LIC. Ah né pure
d'uno sguardo mi degni.
ATT. In quest'istante
io son figlia, o Licinio, e non amante.
LIC. Tu sei figlia, e lodo anch'io
il pensier del genitore;
ma ricordati, ben mio,
qualche volta ancor di me.
Non offendi, o mia speranza,
la virtù del tuo bel core,
rammentando la costanza
di chi vive sol per te.