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Pietro Metastasio
Attilio Regolo

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Scena seconda - Attilia, Manlio

 

ATT. Manlio, per pochi istanti

t'arresta, e m'odi.        

MAN. E questo loco, Attilia,

parti degno di te?

ATT. Non fu sin tanto

che un padre invitto in libertà vantai;

per la figlia d'un servo è degno assai.

MAN. A che vieni?

ATT. A che vengo! Ah sino a quando

con stupor della terra,

con vergogna di Roma, in vil servaggio

Regolo ha da languir? Scorrono i giorni,

gli anni giungono a lustri, e non si pensa

ch'ei vive in servitù. Qual suo delitto

meritò da' Romani

questo barbaro obblio? Forse l'amore,

onde i figli e se stesso

alla patria pospose? Il grande, il giusto,

l'incorrotto suo cor? L'illustre forse

sua povertà ne' sommi gradi? Ah come

chi quest'aure respira

può Regolo obbliar! Qual parte in Roma

non vi parla di lui? Le vie? per quelle

ei passò trionfante. Il Foro? A noi

provvide leggi ivi dettò. Le mura

ove accorre il Senato? I suoi consigli

là fabbricar più volte

la pubblica salvezza. Entra ne' tempii,

ascendi, o Manlio, il Campidoglio, e dimmi,

chi gli adornò di tante

insegne pellegrine

puniche, siciliane e tarentine?

Questi, questi littori,

ch'or precedono a te; questa, che cingi,

porpora consolar, Regolo ancora

ebbe altre volte intorno: ed or si lascia

morir fra' ceppi? Ed or non ha per lui

che i pianti miei, ma senza prò versati?

Oh padre! Oh Roma! Oh cittadini ingrati!

MAN. Giusto, Attilia, è il tuo duol, ma non è giusta

l'accusa tua. Di Regolo la sorte

anche a noi fa pietà. Sappiam di lui

qual faccia empio governo

la barbara Cartago...

ATT. Eh che Cartago

la barbara non è. Cartago opprime

un nemico crudel: Roma abbandona

un fido cittadin. Quella rammenta

quant'ei già l'oltraggiò; questa si scorda

quant'ei sudò per lei. Vendica l'una

i suoi rossori in lui; l'altra il punisce

perché d'allòr le circondò la chioma.

La barbara or qual è? Cartago o Roma?

MAN. Ma che far si dovrebbe?          

ATT.    Offra il Senato

per lui cambio o riscatto

all'africano ambasciador.

MAN. Tu parli,

Attilia, come figlia: a me conviene

come console oprar. Se tal richiesta

sia gloriosa a Roma,

fa d'uopo esaminar. Chi alle catene

la destra accostumò...

ATT.    Donde apprendesti

così rigidi sensi?

MAN. Io n'ho su gli occhi

i domestici esempi.      

ATT. Eh dì che al padre

sempre avverso tu fosti.

MAN. È colpa mia,

se vincer si lasciò? Se fra' nemici

rimase prigionier?        

ATT. Pria d'esser vinto

ei v'insegnò più volte...

MAN. Attilia, ormai

il Senato è raccolto: a me non lice

qui trattenermi. Agli altri padri inspira

massime meno austere. Il mio rigore

forse puoi render vano;

ch'io son console in Roma e non sovrano.

Mi crederai crudele,

dirai che fiero io sia;

ma giudice fedele

sempre il dolor non è.

M'affliggono i tuoi pianti,

ma non è colpa mia,

se quel, che giova a tanti,

solo è dannoso a te.

 

 




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