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Pietro Metastasio Attilio Regolo IntraText CT - Lettura del testo |
ATT. Ma dì; credi, o Licinio,
che mai di me nascesse
più sfortunata donna? Amare un padre,
affannarsi a suo prò, mostrar per lui
di tenera pietade il cor trafitto
saria merito ad altri; è a me delitto.
LIC. No; consolati, Attilia, e non pentirti
dell'opera pietosa. Altro richiede
il dover nostro, ed altro
di Regolo il dover. Se gloria è a lui
della vita il disprezzo, a noi sarebbe
empietà non salvarlo. Al fin vedrai
che grato ei ci sarà. Non ti spaventi
lo sdegno suo. Spesso l'infermo accusa
di crudel, d'inumano
quella medica man, che lo risana.
ATT. Que' rimproveri acerbi
mi trafiggono il cor: non ho costanza
per soffrir l'ire sue.
LIC. Ma dì: vorresti
pria d'un tal genitor vederti priva?
ATT. Ah questo no: mi sia sdegnato, e viva.
LIC. Vivrà. Cessi quel pianto:
tornatevi di nuovo,
begli occhi, a serenar. Se veggo, oh Dio!
mestizia in voi, perdo coraggio anch'io.
Da voi, cari lumi,
dipende il mio stato;
voi siete i miei numi,
voi siete il mio fato:
a vostro talento
mi sento cangiar.
Ardir m'inspirate,
se lieti splendete;
se torbidi siete,
mi fate tremar.