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Pietro Metastasio Attilio Regolo IntraText CT - Lettura del testo |
REG. Tu palpiti, o mio cor! Qual nuovo è questo
moto incognito a te? Sfidasti ardito
le tempeste del mar, l'ire di Marte,
d'Africa i mostri orrendi,
ed or tremando il tuo destino attendi!
Ah, n'hai ragion: mai non si vide ancora
in periglio sì grande
la gloria mia. Ma questa gloria, oh dei,
non è dell'alme nostre
un affetto tiranno? Al par d'ogni altro
domar non si dovrebbe? Ah no. De' vili
questo è il linguaggio. Inutilmente nacque
chi sol vive a se stesso: e sol da questo
nobile affetto ad obbliar s'impara
sé per altrui. Quanto ha di ben la terra,
alla gloria si dee. Vendica questa
l'umanità del vergognoso stato
in cui saria senza il desio d'onore;
toglie il senso al dolore,
lo spavento a' perigli,
alla morte il terror; dilata i regni,
le città custodisce; alletta, aduna
seguaci alla virtù; cangia in soavi
i feroci costumi,
e rende l'uomo imitator de' numi.
Per questa... Aimè! Publio ritorna, e parmi
che timido s'avanzi. E ben, che rechi?
Ha deciso il Senato?
qual è la sorte mia?