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Pietro Metastasio Attilio Regolo IntraText CT - Lettura del testo |
PUBLIO Manlio! Padre!
REG. Che avvenne?
PUBLIO Roma tutta è in tumulto: il popol freme;
non si vuol che tu parta.
REG. E sarà vero
che un vergognoso cambio
possa Roma bramar?
PUBLIO No, cambio o pace
Roma non vuol; vuol che tu resti.
REG. Io! Come?
E la promessa? e il giuramento?
PUBLIO Ognuno
grida che fé non dessi
a perfidi serbar.
REG. Dunque un delitto
scusa è dell'altro. E chi sarà più reo,
se l'esempio è discolpa?
PUBLIO Or si raduna
degli àuguri il collegio: ivi deciso
il gran dubbio esser deve.
REG. Uopo di questo
oracolo io non ho. So che promisi;
voglio partir. Potea
della pace o del cambio
Roma deliberar: del mio ritorno
a me tocca il pensier. Pubblico quello,
questo è privato affar. Non son qual fui;
né Roma ha dritto alcun sui servi altrui.
PUBLIO Degli àuguri il decreto
s'attenda almen.
REG. No; se l'attendo, approvo
la loro autorità. Custodi, al porto.
Amico, addio.
MAN. No, Regolo; se vai
fra la plebe commossa, a viva forza
può trattenerti; e tu, se ciò succede,
tutta Roma fai rea di poca fede.
REG. Dunque mancar degg'io?...
MAN. No; andrai; ma lascia
che quest'impeto io vada
prima a calmar. Ne sederà l'ardore
la consolare autorità.
REG. Rimango,
Manlio, su la tua fé: ma...
MAN. Basta; intendo.
La tua gloria desio,
e conosco il tuo cor: fidati al mio.
Fidati pur; rammento
che nacqui anch'io romano:
al par di te mi sento
fiamme di gloria in sen.
Mi niega, è ver, la sorte
le illustri tue ritorte;
ma, se le bramo in vano,
so meritarle almen.