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Pietro Metastasio Attilio Regolo IntraText CT - Lettura del testo |
AMIL. Regolo, al fin...
REG. Senza che parli, intendo
già le querele tue. Non ti sgomenti
il moto popolar: Regolo in Roma
vivo non resterà.
AMIL. Non so di quali
moti mi vai parlando. Io querelarmi
teco non voglio. A sostenerti io venni
che solo al Tebro in riva
non nascono gli eroi,
che vi sono alme grandi anche fra noi.
REG. Sia. Non è questo il tempo
d'inutili contese. I tuoi raccogli,
t'appresta alla partenza.
AMIL. No. Pria m'odi, e rispondi.
REG. (Oh sofferenza!)
AMIL. È gloria l'esser grato?
REG. L'esser grato è dover: ma già sì poco
questo dover s'adempie,
ch'oggi è gloria il compirlo.
AMIL. E se il compirlo
costasse un gran periglio?
REG. Ha il merto allora
d'un'illustre virtù.
AMIL. Dunque non puoi
questo merto negarmi. Odi. Mi rende,
del proprio onor geloso,
la mia Barce il tuo figlio, e pur l'adora:
io generoso ancora
vengo il padre a salvargli, e pur m'espongo
di Cartago al furor.
REG. Tu vuoi salvarmi!
AMIL. Io.
REG. Come?
AMIL. A te lasciando
agio a fuggir. Questi custodi ad arte
allontanar farò. Tu cauto in Roma
celati sol fin tanto
che senza te con simulato sdegno
quindi l'ancore io sciolga.
REG. (Barbaro!)
AMIL. E ben, che dici?
ti sorprende l'offerta.
REG. Assai.
AMIL. L'avresti
aspettata da me?
REG. No.
AMIL. Pur la sorte
non ho d'esser roman.
REG. Si vede.
AMIL. Andate,
custodi...
REG. Alcun non parta.
AMIL. Perché?
REG. Grato io ti sono
del buon voler; ma verrò teco.
AMIL. E sprezzi
la mia pietà?
REG. No; ti compiango. Ignori
che sia virtù. Mostrar virtù pretendi,
e me, la patria tua, te stesso offendi.
AMIL. Io!
REG. Sì. Come disponi
della mia libertà? Servo son io
di Cartago, o di te?
AMIL. Non è tuo peso
l'esaminar se il benefizio...
REG. È grande
il benefizio in ver! Rendermi reo,
profugo, mentitor...
AMIL. Ma qui si tratta
del viver tuo. Sai che supplizi atroci
Cartago t'apprestò? Sai quale scempio
là si farà di te?
REG. Ma tu conosci,
Amilcare, i Romani?
Sai che vivon d'onor? che questo solo
è sprone all'opre lor, misura, oggetto?
Senza cangiar d'aspetto
qui s'impara a morir; qui si deride,
pur che gloria produca, ogni tormento;
e la sola viltà qui fa spavento.
AMIL. Magnifiche parole,
belle ad udir; ma inopportuno è meco
quel fastoso linguaggio. Io so che a tutti
la vita è cara, e che tu stesso...
REG. Ah troppo
di mia pazienza abusi. I legni appresta,
raduna i tuoi seguaci,
compisci il tuo dover, barbaro, e taci.
AMIL. Fa pur l'intrepido,
m'insulta audace,
chiama pur barbara
la mia pietà.
Sul Tebro Amilcare
t'ascolta e tace;
ma presto in Africa
risponderà.