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Pietro Metastasio Catone in Utica IntraText CT - Lettura del testo |
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Cortile.
Cesare e Fulvio
CES. |
Tutto, amico, ho tentato: alcun rimorso Più non mi resta. In van finsi fin ora Ragioni alla dimora, Sperando pur che, della figlia al pianto, D’Utica a’ prieghi e de’ perigli a fronte, Si piegasse Catone. Or so ch’ei volle, In vece di placarsi, Marzia svenar, perché gli chiese pace, Perché disse d’amarmi. Andiamo: ormai Giusto è il mio sdegno; ho tollerato assai. (in atto di partire) |
FUL. |
Ferma, tu corri a morte. |
CES. |
|
FUL. |
Già su le porte D’Utica v’è chi nell’uscir ti deve Privar di vita. |
CES. |
E chi pensò la trama? |
FUL. |
Emilia. Ella mel disse; ella confida Nell’amor mio, tu ’l sai. |
CES. |
Coll’armi in pugno Ci apriremo la via. Vieni. |
FUL. |
Raffrena Questo ardor generoso. Altro riparo Offre la sorte. |
CES. |
E quale? |
FUL. |
Un, che fra l’armi Milita di Catone, infino al campo Per incognita strada Ti condurrà. |
CES. |
Chi è questi? |
FUL. |
Floro si appella: uno è di quei che scelse Emilia a trucidarti. Ei vien pietoso A palesar la frode, E ad aprirti lo scampo. |
CES. |
Ov’è? |
FUL. |
Ti attende D’Iside al fonte. Egli mi è noto: a lui Fidati pure. Intanto al campo io riedo; E, per l’esterno ingresso Di quel cammino istesso a te svelato, Co’ più scelti de’ tuoi Tornerò poi per tua difesa armato. |
CES. |
E fidarci così? |
FUL. |
Vivi sicuro: Avran di te, che sei La più grand’opra lor, cura gli dèi.
La fronda, che circonda A’ vincitori il crine, Soggetta alle ruine Del folgore non è. Compagna dalla cuna, Apprese la fortuna A militar con te. (parte) |