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Pietro Metastasio Catone in Utica IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA TERZA
Cesare, poi Arbace
CES. |
Quali insoliti moti Al partir di costei prova il mio core! Dunque al desio d’onore Qualche parte usurpar de’ miei pensieri Potrà l’amor? |
ARB. |
(nell’uscita si ferma) (M’inganno, O pur Cesare è questi?) |
CES. |
Ah, l’esser grato, Aver pietà d’una infelice al fine Debolezza non è. (in atto di partire) |
ARB. |
Fermati: e dimmi Quale ardir, qual disegno T’arresta ancor fra noi? |
CES. |
(Questi chi fia?) |
ARB. |
Parla. |
CES. |
Del mio soggiorno Qual cura hai tu? |
ARB. |
Più che non pensi. |
CES. |
Ammiro L’audacia tua, ma non so poi se a’ detti Corrisponda il valor. |
ARB. |
Se l’assalirti Dove ho tante difese, e tu sei solo, Non paresse viltade, or ne faresti Prova a tuo danno. |
CES. |
E come mai con questi Generosi riguardi Utica unisce Insidie e tradimenti? |
ARB. |
Ignote a noi Furon sempre quest’armi. |
CES. |
E pur si tenta, Nell’uscir ch’io farò da queste mura, Di vilmente assalirmi. |
ARB. |
E qual saria Sì malvagio fra noi? |
CES. |
Nol so: ti basti Saper che v’è. |
ARB. |
Se temi Della fé di Catone o della mia, T’inganni: io ti assicuro Che alle tue tende or ora Illeso tornerai; ma in quelle poi Men sicuro sarai forse da noi. |
CES. |
Ma chi sei tu, che meco Tanta virtù dimostri e tanto sdegno? |
ARB. |
Non mi conosci? |
CES. |
No. |
ARB. |
Son tuo rivale Nell’armi e nell’amor. |
CES. |
Dunque tu sei Il principe numida Di Marzia amante e al genitor sì caro? |
ARB. |
Sì, quello io sono. |
CES. |
Ah! se pur l’ami, Arbace, La siegui, la raggiungi; ella s’invola Del padre all’ira, intimorita e sola. |
ARB. |
Dove corre? |
CES. |
Al germano. |
ARB. |
Per qual cammin? |
CES. |
Chi sa? Quindi pur dianzi Passò fuggendo. |
ARB. |
A rintracciarla io vado. Ma no; prima al tuo campo Deggio aprirti la strada: andiam. |
CES. |
Per ora Il periglio di lei È più grave del mio: vanne. |
ARB. |
Ma teco Manco al dover, se qui ti lascio. |
CES. |
Eh pensa Marzia a salvare, io nulla temo. È vana Un’insidia palese. |
ARB. |
Ammiro il tuo gran cor: tu del mio bene Al soccorso m’affretti, il tuo non curi; E colei che t’adora Con generoso eccesso, Rival confidi al tuo rivale istesso.
Combattuta da tante vicende, Si confonde quest’alma nel sen. Il mio bene mi sprezza e m’accende, Tu m’involi e mi rendi il mio ben. (parte) |