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Pietro Metastasio
Catone in Utica

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SCENA OTTAVA

 

Catone con ispada nuda, e detti.

 

CAT.

(verso Marzia)

Pur ti ritrovo, indegna.

MAR.

Misera!

CES.

Non temer. (va a porsi davanti a Marzia)

CAT.

(vedendo Cesare)

Che miro!

EMI.

(vedendo Catone)

Oh stelle!

CAT.

Tu in Utica, o superbo? (a Cesare)

Tu seco, o scellerata? (a Marzia)

Voi qui senza mio cenno? (alla gente armata)

Emilia armata?

Che si vuol? che si tenta?

CES.

La morte mia, ma con viltà.

EMI.

Tu vedi

Ch’oggi è dovuto all’onor tuo quel sangue,

Non men che all’odio mio.

MAR.

Ah, questo è troppo! È Cesare innocente:

Innocente son io.

CAT.

Taci. Comprendo

I vostri rei disegni. Olà! dal fianco

Di lui l’empia si svelga. (alla gente armata)

CES.

(si pone in difesa)

A me la vita

Prima toglier conviene.

CAT.

Temerario!

EMI.

Eh! s’uccida. (a Catone)

MAR.

Padre, pietà!

CAT.

(a Cesare)

Deponi il brando.

CES.

Il brando

Io non cedo così. (s’ode di dentro rumore)

EMI.

Qual improvviso

Strepito ascolto?

CAT.

E di quai grida intorno

Risonan queste mura?

MAR.

Che fia!

CES.

Non paventar.

EMI.

Troppo il tumulto,

Signor, si avanza. (a Catone, sentendo crescere il rumore)

MAR.

Ai replicati colpi

Crollano i sassi.

CAT.

Insidia è questa. Ah, prima

Ch’altro ne avvenga, all’onor mio si miri.

L’empia non uccidete;

Disarmate il tiranno; io vi precedo. (alla gente)

 

 

 




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