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Pietro Metastasio
Ciro riconosciuto

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ATTO PRIMO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Campagna su’ confini della Media, sparsa di pochi alberi, ma tutta ingombrata di numerose tende per comodo d’Astiage e della sua corte. Da un lato gran padiglione aperto, dall’altro steccati per le guardie reali.

 

Mandane seduta e Arpalice

 

MAND.

Ma di': non è quel bosco (con impazienza)

Della Media il confine?

ARPAL.

È quello.

MAND.

Il loco

Questo non è, dove alla dea triforme

Ogni anno Astiage ad immolar ritorna

Le vittime votive?

ARPAL.

Appunto.

MAND.

E scelto

Questo dì, questo loco

Non fu dal genitore al primo incontro

Del ritrovato Ciro?

ARPAL.

E ben, per questo

Che mi vuoi dir?

MAND.

Che voglio dirti? E dove

Questo Ciro s'asconde?

Che fa? perché non viene?

ARPAL.

Eh! principessa,

L'ore corron più lente

Che il materno desio. Sai che prescritta

Del tuo Ciro all'arrivo è l'ora istessa

Del sacrifizio. Alla notturna dea

Immolar non si vuole

Pria che il sol non tramonti; e or nasce il sole.

MAND.

È ver; ma non dovrebbe

Il figlio impaziente?... Ah! ch'io pavento...

Arpalice...

ARPAL.

E di che, se Astiage istesso,

Che lo voleva estinto, oggi il suo Ciro

Chiama, attende, sospira?

MAND.

E non potrebbe

Finger così?

ARPAL.

Finger! Che dici? E vuoi

Che di tanti spergiuri

Si faccia reo? che ad ingannarlo il tempo

Scelga d'un sacrifizio, e far pretenda

Del tradimento suo complici i numi?

No: col Cielo in tal guisa

Non si scherza, o Mandane.

MAND.

E pur, se fede

Prestar si dee... Ma chi s'appressa? Ah! corri..

Forse Ciro...

ARPAL.

È una ninfa.

MAND.

È ver. Che pena!

ARPAL.

(Tutto Ciro le sembra). E ben?

MAND.

Se fede

Meritan pur le immagini notturne,

Odi quel fiero sogno...

ARPAL.

Ah! non parlarmi

Di sogni, o principessa: è di te indegna

Sì pueril credulità. Tu déi

Più d'ognun detestarla. Un sogno, il sai,

Fu cagion de' tuoi mali. In sogno il padre

Vide nascer da te l'arbor che tutta

L'Asia copria: n'ebbe timor; ne volle

Interpreti que' saggi, il cui sapere

Sta nel nostro ignorar. Questi, ogni fallo

Usi a lodar ne' grandi, il suo timore

Chiamar prudenza, ed affermar che un figlio

Nascerebbe da te, che il trono a lui

Dovea rapir. Nasce il tuo Ciro, e a morte

(O barbara follia!)

Su la fede d'un sogno il re l'invia.

Né gli bastò. Perché mai più non fosse

Il talamo fecondo

A te di prole e di timori a lui,

Esule il tuo consorte

Scaccia lungi da te. Vedi a qual segno

Può acciecar questa insana

Vergognosa credenza.

MAND.

Eh! non è sogno

Che ormai l'ottava messe

Due volte germogliò, da che perdei,

Nato appena, il mio Ciro. Oggi l'attendo,

E mi speri tranquilla?

ARPAL.

In te credei

Più moderato almeno

Questo materno amor. Perdesti il figlio

Nel partorirlo, ed il terz'anno appena

Compievi allora oltre il secondo lustro:

In quella età s'imprime

Leggiermente ogni affetto.

MAND.

Ah! non sei madre;

Perciò... Ma non è quello

Arpago, il padre tuo? Sì. Forse ei viene...

Arpago...

 

 

 




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