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Pietro Metastasio Ciro riconosciuto IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA UNDICESIMA
Mandane, poi Arpalice
MAND.
Che dolcezza fallace!
Che voci insidiose! A poco a poco
Cominciava a sedurmi. Un inquieto
Senso, partendo, ei mi lasciò nell'alma,
Che non è tutto sdegno. Affatto priva
Non sono al fin d'umanità. Mi mosse
Quel sembiante gentil, que' molli accenti,
Quella tenera età. Povera madre!
Se madre ha pur, quando saprà che il figlio
Lacero il sen da mille colpi... Oh, folle
Ch'io son! gli altri compiango
E mi scordo di me. Mora l'indegno!
Se ne affligga chi vuole. Il figlio mio
Vendicato esser dee. Son madre anch'io.
ARPAL.
Principessa, ah! perdona
L'impazienze mie. D'Alceo che avvenne?
È assoluto? è punito? è giusto? è reo?
MAND.
Deh! per pietà, non mi parlar d'Alceo.
Quel nome se ascolto,
Mi palpita il core:
Se penso a quel volto,
Mi sento gelar.
Non so ricordarmi
Di quel traditore,
Né senza sdegnarmi,
Né senza tremar. (parte)