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Pietro Metastasio
Demetrio

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SCENA OTTAVA

 

Mitrane, poi Alceste dal porto, e detti.

 

MITR.

In questo punto

Sopra picciolo legno Alceste è giunto.

CLEON.

(Numi!)

FEN.

(Respiro!)

CLEON.

Ove si trova?

MITR.

(accennando verso il porto)

Ei viene.

CLEON.

(s’alza dal trono, e seco s’alzano tutti)

Fenicio, Olinto (ah ch’io mi perdo), andate

L’amico ad abbracciar, che s’avvicina.

(Io quasi mi scordai d’esser regina).

(torna a sedere. Fenicio e Mitrane vanno ad incontrare Alceste, che in picciola barca si vede approdare, e l’abbracciano)

OLI.

(Inopportuno arrivo!)

CLEON.

(Ecco il mio bene.

(verso Alceste che s’avvicina)

Tu palpiti, o cor mio,

Ché riconosci, oh Dio! le tue catene).

ALC.

Pur mi concede il fato

Il piacer sospirato

Di trovarmi a’ tuoi piedi, o mia regina.

Pur il Ciel mi concede

Che a te della mia fede

Recar su i labbri miei possa il tributo.

Felice me, se ancora

Fra le cure del regno

D’un regio sguardo il mio tributo è degno.

CLEON.

E privata e sovrana,

L’istessa Cleonice in me ritrovi.

Oh quanto, Alceste, oh quanto

Atteso giungi, e sospirato e pianto!

FEN.

(Torno a sperar).

CLEON.

Ma qual disastro a noi

Sì gran tempo ti tolse?

OLI.

(Oh sofferenza!)

ALC.

Sai che la mia partenza

Col re tuo genitor..

OLI.

Sappiamo, Alceste,

La pugna, le tempeste,

Di lui la morte e le vicende...

CLEON.

Il resto

Dunque giovi ascoltar. Siegui.

OLI.

(Che pena!)

ALC.

Al cader d’Alessandro, in noi l’ardire

Tutto mancò. Già le nemiche squadre

Balzan su i nostri legni; orrido scempio

Sì fa de’ vinti; in mille aspetti e mille

Erra intorno la morte. Altri sommerso,

Altri spira trafitto, e si confonde

La cagion del morir tra ’l ferro e l’onde.

Io, sfortunato avanzo

Di perdite sì grandi, odiando il giorno,

Su la scomposta prora

D’infranta nave, a mille strali esposto,

Lungamente pugnai, fin che, versando

Da cento parti il sangue,

Perdei l’uso de’ sensi e caddi esangue.

CLEON.

(Mi fa pietà).

ALC.

Quindi in balìa dell’onde

Quanto errai non so dirti. Aprendo il ciglio,

Il lacero naviglio

So che più non rividi. In rozzo letto

Sotto rustico tetto io mi trovai.

Ingombre le pareti

Eran di nasse e reti; e curvo e bianco

Pietoso pescator mi stava al fianco.

CLEON.

Ma in qual terra giungesti?

ALC.

In Creta, ed era

Cretense il pescator. Questi sul lido

Mi trovò semivivo; al proprio albergo

Pietoso mi portò; ristoro al seno,

Dittamo alle ferite

Sollecito apprestò: questi provvide,

Dopo lungo soggiorno,

Di quel picciolo legno il mio ritorno.

FEN.

Oh, strani eventi!

OLI.

Al fine

L’istoria terminò. Tempo sarebbe...

CLEON.

T’intendo, Olinto. Io sceglierò lo sposo:

Ciascun sieda e m’ascolti.

(Fenicio, Olinto e gli altri grandi siedono)

ALC.

(Io ritornai

Opportuno alla scelta). (Alceste, volendo sedere, è impedito da Olinto)

OLI.

Olà, che fai?

ALC.

Servo al cenno real.

OLI.

Come! al mio fianco

Vedrà la Siria un vil pastore assiso?

ALC.

La Siria ha già diviso

Alceste dal pastor. Depose Alceste

Tutto l’esser primiero,

Allor che di pastor si fe’ guerriero.

OLI.

Ma in quelle vene ancora

Scorre l’ignobil sangue.

ALC.

In queste vene

Tutto si rinnovò: tutto il cangiai,

Quando in vostra difesa io lo versai.

OLI.

Ma qual de’ tuoi maggiori

A tant’oltre aspirar t’aprì la strada?

ALC.

Il mio cor, la mia destra e la mia spada.

OLI.

Dunque...

FEN.

Eh! taci una volta.

OLI.

Almen si sappia

La chiarezza qual è degli avi sui.

FEN.

Finisce in te, quando comincia in lui.

CLEON.

Non più: nel mio comando

Si nobilita Alceste.

OLI.

In questo loco

Solo ai gradi supremi

Di sedere è permesso.

CLEON.

E bene! Alceste

Sieda duce dell’armi,

Del sigillo real sieda custode:

Ti basta, Olinto? (Alceste siede, e Olinto si alza)

OLI.

Ah! questo è troppo. A lui

Dona te stessa ancor. Conosce ognuno

Dove giunger tu brami.

FEN.

 

In questa guisa,

Temerario! rispondi? Al braccio mio

Lascia il peso, o regina,

Di punir quell’audace.

 

CLEON.

Ai merti suoi,

All’inesperta età tutto perdono;

Ma taccia in avvenir.

FEN.

Siedi, e raffrena,

Tacendo almeno, il violento ingegno.

Udisti? (ad Olinto)

OLI.

Ubbidirò. (Fremo di sdegno). (torna a sedere)

CLEON.

Scelsi già nel mio cor; ma, pria che faccia

Palese il mio pensiero, un’altra io bramo

Sicurezza da voi. Giuri ciascuno

Di tollerar del nuovo re l’impero,

Sia di Siria o straniero,

O sia di chiaro o sia di sangue oscuro.

OLI.

(Come tacer!)

FEN.

Su la mia fé lo giuro.

CLEON.

Siegui, Olinto.

FEN.

Non parli?

OLI.

Lasciatemi tacer.

CLEON.

Forse ricusi?

OLI.

Io n’ho ragion; né solo

M’oppongo al giuramento. Altri vi sono...

CLEON.

E ben, su questo trono (s’alza dal trono, e seco tutti)

Regni chi vuole. Io d’un servile impero

Non voglio il peso.

FEN.

Eh! non curar di pochi

Il contrasto, o regina, in faccia a tanti

Rispettosi vassalli.

CLEON.

In faccia mia

L’ardir di pochi io tollerar non deggio. (scende dal trono)

Libero il gran consiglio

L’affar decida. O senza legge alcuna

Sceglier mi lasci, o soffra

Che da quel soglio, ove richiesta ascesi,

Volontaria discenda. Almen privata

Disporrò del cor mio. Volger gli affetti

Almen potrò dove più il genio inclina;

Ed allor crederò d’esser regina.

 

Se libera non sono,

Se ho da servir nel trono,

Non curo di regnar,

L’impero io sdegno.

A chi servendo impera,

La servitude è vera,

È finto il regno.

(parte Cleonice, seguìta da Mitrane, dai grandi, dalle guardie e dal popolo)

 

 

 




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