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Pietro Metastasio
Demetrio

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SCENA TREDICESIMA

 

Mitrane e dette, poi Alceste

 

MITR.

Chiede Alceste l’ingresso.

CLEON.

Oh Dio, Barsene!

BARS.

Or tempo è di costanza.

CLEON.

Va; non deggio per ora... (a Mitrane)

MITR.

Egli s’avanza. (parte)

CLEON.

(Resisti, anima mia!)

ALC.

Senza riguardi

La mia bella regina

Dappresso vagheggiar posso una volta.

Posso dirti che mai

Pace non ritrovai da te lontano:

Posso dirti che sei

Sola de’ pensier miei cura gradita,

Il mio ben, la mia gloria e la mia vita.

CLEON.

Deh! non parlar così.

ALC.

Come! uno sfogo

Dell’amor mio verace,

Che ti piacque altre volte, oggi ti spiace?

In questa guisa, oh Dio!

L’istessa Cleonice in te ritrovo?

Son io quello che tanto

Atteso giunge, e sospirato e pianto?

CLEON.

(Che pena!)

ALC.

Intendo, intendo:

Bastò la lontananza

Di poche lune a ricoprir di gelo

Di due lustri l’amor.

CLEON.

Volesse il Cielo!

ALC.

«Volesse il Ciel»! Qual colpa,

Qual demerito è in me? S’io mai t’offesi,

Mi ritolga il destin quanto mi diede

La tua prodiga man: sempre sdegnati

Sian per me que’ begli occhi,

Arbitri del mio cor, del viver mio.

Guardami, parla.

CLEON.

(Ah! non resisto). Addio. (parte)

 

 

 




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