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Pietro Metastasio
Demofoonte

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SCENA TERZA

 

Timante e Demofoonte con séguito; indi Adrasto

 

TIM.

Sei pur cieca, o Fortuna! Alla mia sposa

Generosa concedi

Beltà, virtù quasi divina, e poi

La fai nascer vassalla. Error sì grande

Correggerò ben io. Meco sul trono

La Tracia un dì l’adorerà. Ma viene

Il real genitor. Più non s’asconda

Il mio segreto a lui.

DEM.

Principe, figlio.

TIM.

Padre, signor. (s’inginocchia e gli bacia la mano)

DEM.

Sorgi.

TIM.

I reali imperi

Eccomi ad eseguir.

DEM.

So che non piace

Al tuo genio guerriero

La pacifica reggia; e il cenno mio,

Che ti svelle dall’armi,

Forse t’incresce. I tuoi trionfi, o prence,

E perché mie conquiste e perché tuoi,

Sempre cari mi son; ma tu di loro

Mi sei più caro. I tuoi sudori ormai

Di riposo han bisogno. È del riposo

Figlio il valor. Sempre vibrato, al fine

Inabile a ferir l’arco si rende.

Il meritar son le tue parti, e sono

Il premiarti le mie. Se il prence, il figlio

Degnamente le sue compì fin ora,

Il padre, il re le sue compisca ancora.

TIM.

(Opportuno è il momento: ardir!) Conosco

Tanto il bel cor del mio

Tenero genitor, che...

DEM.

No, non puoi

Conoscerlo abbastanza. Io penso, o figlio,

A te più che non credi;

Io ti leggo nell’alma, e quel che taci,

Intendo ancor. Con la tua sposa al fianco

Vorresti ormai che ti vedesse il regno.

Di’: non è ver?

TIM.

(Certo ei scoperse il nodo

Che mi stringe a Dircea).

DEM.

Parlar non osi;

E a compiacerti appunto

Il tuo mi persuade

Rispettoso silenzio. Io, lo confesso,

Dubitai su la scelta; anzi mi spiacque.

L’acconsentire al nodo

Mi pareva viltà. Gli odi del padre

Abborria nella figlia. Al fin prevalse

Il desio di vederti

Felice, o prence.

TIM.

(Il dubitarne è vano).

DEM.

A paragon di questo,

È lieve ogni riguardo.

TIM.

Amato padre,

Nuova vita or mi dài. Volo alla sposa,

Per condurla al tuo piè.

DEM.

Ferma! Cherinto,

Il tuo minor germano,

La condurrà.

TIM.

Che inaspettata è questa

Felicità!

DEM.

V’è per mio cenno al porto

Chi ne attende l’arrivo.

TIM.

Al porto!

DEM.

E, quando

Vegga apparir la sospirata nave,

Avvertiti sarem.

TIM.

Qual nave?

DEM.

Quella

Che la real Creusa

Conduce alle tue nozze.

TIM.

(Oh dèi!)

DEM.

Ti sembra

Strano, lo so. Gli ereditari sdegni

De’ suoi, degli avi nostri, un simil nodo

Non facevan sperar; ma in dote al fine

Ella ti porta un regno. Unica prole

È del cadente re.

TIM.

Signor... Credei...

(Oh error funesto!)

DEM.

Una consorte altrove,

Che suddita non sia, per te non trovo.

TIM.

O suddita o sovrana,

Che importa, o padre?

DEM.

Ah! no: troppo degli avi

Ne arrossirebbon l’ombre. È lor la legge

Che condanna a morir sposa vassalla

Unita al real germe; e, fin ch’io viva,

Saronne il più severo

Rigido esecutor.

TIM.

Ma questa legge...

ADR.

Signor, giungono in porto

Le frigie navi.

DEM.

Ad incontrar la sposa

Vola, o Timante. (Adrasto si ritira)

TIM.

Io?

DEM.

Sì. Con te verrei,

Ma un funesto dover mi chiama al tempio.

TIM.

Ferma! Senti, signor.

DEM.

Parla: che brami?

TIM.

Confessarti... (Che fo?) Chiederti... (Oh Dio,

Che angustia è questa!) Il sacrifizio, o padre...

La legge... La consorte...

(Oh legge! oh sposa! Oh sacrifizio! oh sorte!)

DEM.

Prence, ormai non ci resta

Più luogo a pentimento. È stretto il nodo:

Io l’ho promesso. Il conservar la fede

Obbligo necessario è di chi regna;

E la necessità gran cose insegna.

 

Per lei fra l’armi dorme il guerriero;

Per lei fra l’onde canta il nocchiero;

Per lei la morte terror non ha.

Fin le più timide belve fugaci

Valor dimostrano, si fanno audaci,

Quand’è il combattere necessità. (parte)

 

 

 




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