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Pietro Metastasio
Demofoonte

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SCENA NONA

 

Atrio del tempio d’Apollo. Magnifica, ma breve scala, per cui si ascende al tempio medesimo, la parte interna del quale è tutta scoperta agli spettatori, se non quanto ne interrompono la vista le colonne che sostengono la gran tribuna. Veggonsi l’are cadute, il fuoco estinto, i sacri vasi rovesciati, i fiori, le bende, le scuri e gli altri stromenti del sagrifizio sparsi per le scale e sul piano; i sacerdoti in fuga, i custodi reali inseguiti dagli amici di Timante; e per tutto confusione e tumulto.

 

Timante, che, incalzando disperatamente per la scala alcune guardie, si perde fra le scene. Dircea, che, dalla cima della scala medesima, spaventata lo richiama. Siegue breve mischia, col vantaggio degli amici di Timante; e, dileguati i combattenti, Dircea, che rivede Timante, corre a trattenerlo, scendendo dal tempio.

 

DIR.

Santi numi del cielo,

Difendetelo voi! Timante, ascolta;

Timante! ah! per pietà...

TIM.

(tornando affannato con ispada alla mano)

Vieni, mia vita,

Vieni: sei salva!

DIR.

Ah, che facesti!

TIM.

Io feci

Quel che dovea.

DIR.

Misera me! Consorte,

Oh Dio! tu sei ferito. Oh Dio! tu sei

Tutto asperso di sangue.

TIM.

Eh! no, Dircea,

Non ti smarrir. Dalle mie vene uscito

Questo sangue non è: dal seno altrui

Lo trasse il mio furor.

DIR.

Ma guarda...

TIM.

Ah! sposa,

Non più dubbi: fuggiamo. (la prende per mano)

DIR.

E Olinto? e il figlio?

Dove resta? senz’esso

Vogliam partir?

TIM.

Ritornerò per lui

Quando in salvo sarai. (partendo alla sinistra)

DIR.

Fermati! Io veggo

Tornar per questa parte

I custodi reali.

TIM.

È ver; fuggiamo (verso la destra)

Dunque per l’altra via. Ma quindi ancora

Stuol d’armati s’avanza.

DIR.

Aimè!

TIM.

(guardando intorno)

Gli amici

Tutti m’abbandonar.

DIR.

Miseri noi!

Or che farem?

TIM.

Col ferro

Una via t’aprirò. Sieguimi!

(lascia Dircea, e, colla spada alla mano, s’incammina alla sinistra)

 

 

 




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