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Pietro Metastasio Demofoonte IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA SECONDA
Timante e poi Cherinto
TIM. |
Perché bramar la vita? e quale in lei Piacer si trova? Ogni fortuna è pena; È miseria ogni età. Tremiam, fanciulli, D’un guardo al minacciar; siam giuoco, adulti, Di Fortuna e d’Amor; gemiam, canuti, Sotto il peso degli anni. Or ne tormenta La brama d’ottenere; or ne trafigge Di perdere il timor. Eterna guerra Hanno i rei con se stessi; i giusti l’hanno Con l’invidia e la frode. Ombre, deliri, Sogni, follie son nostre cure; e quando Il vergognoso errore A scoprir s’incomincia, allor si muore. Ah! si mora una volta... |
CHER. |
Amato prence, Vieni al mio sen. (l’abbraccia) |
TIM. |
Così sereno in volto Mi dài gli estremi amplessi? E queste sono Le lagrime fraterne Dovute al mio morir? |
CHER. |
Che amplessi estremi? Che lagrime? che morte? Il più felice Tu sei d’ogni mortal. Placato il padre È già con te; tutto obbliò. Ti rende La tenerezza sua, la sposa, il figlio, La libertà, la vita. |
TIM. |
A poco a poco, Cherinto, per pietà! Troppe son queste, Troppe gioie in un punto. Io verrei meno Già di piacer, se ti credessi appieno. |
CHER. |
Non dubitar, Timante. |
TIM. |
E come il padre Cambiò pensier? Quando partì dal tempio, Me con Dircea voleva estinto. |
CHER. |
Il disse E l’eseguia; che inutilmente ognuno S’affannò per placarlo. Io cominciavo, Principe, a disperar, quando comparve Creusa in tuo soccorso. |
TIM. |
In mio soccorso Creusa, che oltraggiai? |
CHER. |
Creusa. Ah! tutti Di quell’anima bella Tu non conosci i pregi. E che non disse, Che non fe’ per salvarti? I merti tuoi Come ingrandì! Come scemò l’orrore Del fallo tuo! Per quante strade e quante Il cor gli ricercò! Parlar per voi Fece l’utile, il giusto, La gloria, la pietà. Se stessa offesa Gli propose in esempio, E lo fece arrossir. Quand’io m’avvidi Che il genitor già vacillava, allora Volo (il Ciel m’inspirò), cerco Dircea: Con Olinto la trovo. Entrambi appresso Frettoloso mi traggo; e al regio ciglio Presento in quello stato e madre e figlio. Questo tenero assalto Terminò la vittoria. O sia che l’ira Per soverchio avvampar fosse già stanca, O che allor tutte in lui Le sue ragioni esercitasse il sangue, Il re cedé, si raddolcì, dal suolo La nuora sollevò, si strinse al petto L’innocente bambin, gli sdegni suoi Calmò, s’intenerì, pianse con noi. |
TIM. |
Oh mio dolce germano! Oh caro padre mio! Cherinto, andiamo, Andiamo a lui! |
CHER. |
No: il fortunato avviso Recarti ei vuol. Si sdegnerà, se vede Ch’io lo prevenni. |
TIM. |
E tanto amore, e tanta Tenerezza ha per me, che fino ad ora La meritai sì poco? Oh, come chiari La sua bontà rende i miei falli! Adesso Li veggo, e n’ho rossor. Potessi almeno Di lui col re di Frigia Disimpegnar la fé. Cherinto, ah! salva L’onor suo, tu che puoi. La man di sposo Offri a Creusa in vece mia. Difendi Da una pena infinita Gli ultimi dì della paterna vita. |
CHER. |
Che mi proponi, o prence! Ah! per Creusa, Sappilo al fin, non ho riposo; io l’amo Quanto amar si può mai. Ma... |
TIM. |
Che? |
CHER. |
Non spero Ch’ella m’accetti. Al successor reale Sai che fu destinata: io non son tale. |
TIM. |
Altro inciampo non v’è? |
CHER. |
Grande abbastanza Questo mi par. |
TIM. |
Va; la paterna fede Disimpegna, o german: tu sei l’erede. |
CHER. |
Io? |
TIM. |
Sì. Già lo saresti, S’io non vivea per te. Ti rendo, o prence, Parte sol del tuo dono, Quando ti cedo ogni ragione al trono. |
CHER. |
E il genitore... |
TIM. |
E il genitore almeno Non vedremo arrossir. Povero padre! Posso far men per lui? Che cosa è un regno A paragon di tanti Beni ch’egli mi rende? |
CHER. |
Ah! perde assai Chi lascia una corona. |
TIM. |
Sempre è più quel che resta a chi la dona.
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CHER. |
Nel tuo dono io veggo assaiChe del don maggior tu sei: Nessun trono invidierei Come invidio il tuo gran cor. Mille moti in un momentoTu mi fai svegliar nel petto, Di vergogna, di rispetto, Di contento e di stupor. (parte) |