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Pietro Metastasio
Didone abbandonata

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Scena settima - Enea, Araspe

 

ENEA Fra il dovere e l'affetto

ancor dubbioso in petto ondeggia il core.

Pur troppo il mio valore

all'impero servì d'un bel sembiante.

Ah una volta l'eroe vinca l'amante.

ARA. Di te finora in traccia

scorsi la reggia.

ENEA Amico,

vieni fra queste braccia.

ARA. Allontanati, Enea; son tuo nemico.

Snuda, snuda quel ferro:

guerra con te, non amicizia io voglio.

ENEA Tu di Iarba all'orgoglio

prima m'involi, e poi

guerra mi chiedi, ed amistà non vuoi?

ARA. T'inganni. Allor difesi

la gloria del mio re, non la tua vita.

Con più nobil ferita

rendergli a me s'aspetta

quella, che tolsi a lui, giusta vendetta.

ENEA Enea stringer l'acciaro

contro il suo difensore!

ARA. Olà! che tardi?

ENEA La mia vita è tuo dono,

prendila pur se vuoi; contento io sono.

Ma ch'io debba a tuo danno armar la mano,

generoso guerrier, lo speri in vano.

ARA. Se non impugni il brando

a ragion ti dirò codardo e vile.

ENEA Questa ad un cor virile

vergognosa minaccia Enea non soffre.

Ecco per soddisfarti io snudo il ferro.

Ma prima i sensi miei

odan gli uomini tutti, odan gli dei.

Io son d'Araspe amico:

io debbo la mia vita al suo valore.

Ad onta del mio core

discendo al gran cimento,

di codardia tacciato;

e per non esser vil, mi rendo ingrato.

 




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