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Pietro Metastasio L'endimione IntraText CT - Lettura del testo |
DIANA, ENDIMIONE, AMORE e NICE.
DIA. |
Amato Endimion, dolce mia cura, Tu vivi, ed io respiro. Oh quale affanno Ebbi nel tu periglio! Qui t'assidi, e m'addita Dov'è la tua ferita. |
END. |
Qual ferita, mio Nume? Altra ferita In me scorger non puoi Di quella che mi vien da' sguardi tuoi. |
DIA. |
Dunque Alceste mentì? |
END. |
Sì, mio tesoro, Le luci rasserena. |
DIA. |
Io ti stringo, io ti mirò, e il credo appena.
Chi provato ha la procella, Benchè fugga il vento infido, Teme ancora, e giunto al lido Gira i lumi e guarda il mar. Tal, se a te rivolgo il ciglio, Nel pensier del tuo periglio, Il mio core per timore Ricomincia a sospirar.
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AMO. |
Cinzia, del tuo timor l'alma assicura. Quegl'incostanti affetti, Quei gelosi sospetti, E quanto di periglio a te dipinsi, Solo per trionfar composi e finsi. |
DIA. |
E tanto ardisce Alceste? |
AMO. |
Io sono Amore. Riconosci in Alceste il tuo signore. |
DIA. |
Amore! Adesso intendo I tuoi scherzi, i tuoi detti. Io son vinta, io son cieca: ognor ti vidi Al mio sguardo palese, Nè mai che fosti Amor l'alma comprese.
Amor, che nasce Con la speranza, Dolce s'avanza; Nè se n'avvede L'amante cor.
Poi pieno il trova D'affanni e pene; Ma non gli giova, Che intorno al piede Le sue catene Già strinse Amor.
Se il tuo laccio è sì caro, Se così dolce frutto ha la tua pena, Io bacio volentier la mia catena. |
AMO. |
E tu dolente e sola, Nice, che fai? Per così strani eventi Meraviglia non senti?. |
NIC. |
Piango la mia sventura, Che la mercè del mio penar mi fura.
Così talor rimira Fra le procelle e i lampi Nuotar su l'onda i campi L'afflitto agricoltor. Ne geme e si lamenta, E nel suo cor rammenta Quanto vi sparse in vano D'affanno e di sudor.
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DIA. |
Riconsolati, o Nice, Il mio favor ti rendo; E purchè col mio bene Viver mi lasci in pace, Ti concedo d'amar chi più ti piace. E noi godiamo intanto, Amato Endimione, E costanti e felici Facciam, con meraviglia Di quanti il chiaro Dio circonda e vede, Dolce cambio fra noi d'amore e fede. |
END. |
Sì, mia bella speranza; Pria la Parca crudele In su l'aurora i giorni miei recida, Ch'io da te m'allontani, o mi divida. |
AMO. |
Godete, o lieti amanti. Ma tu sappi, o Diana, Che de' trionfi miei L'ornamento maggior forse non sei. Mi fan ricco i miei strali Di più superbe e generose spoglie. Io vinsi il cor guerriero Del giovanetto Ibero Che, del mio foco acceso, Dove il Vesevo ardente Al fiero Alcioneo preme la fronte, Due pupille serene In fin dall'Istro a vagheggiar ne viene. |
DIA. |
Certo il german fia questi Della Donna sublime, Che del Danubio in riva Per beltà, per virtù chiara risplende, Forse non men che per valor degli avi. |
AMO. |
Ben t'apponesti al vero; E l'illustre donzella, Che il fato a lui concede, Di saper, di bellezza a te non cede, |
DIA. |
Da così bella coppia L'esser vinta mi piace; Anzi sembra più lieve A quest'acceso core Con sì chiari compagni il tuo rigore. In così lieto giorno Dal Ciel scenda Imeneo con doppia face; Ed il garzon feroce Lasci l'usbergo e l'asta, e il ciglio avvezzi A più placide guerre e più sicure. Cedan l'armi agli amori; E cangi in mirti i sanguinosi allori. E il fiero Marte intanto, Deposti i crudi sdegni e bellicosi, In grembo a Citerea cheto riposi. |
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