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Pietro Metastasio Ezio IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA SECONDA
Ezio, preceduto da istromenti bellici, schiavi ed insegne de’ vinti,
seguìto da’ soldati vincitori e popolo, e detti.
EZIO |
Signor, vincemmo. Ai gelidi trioni Il terror de’ mortali Fuggitivo ritorna. Il primo io sono, Che mirasse fin ora Attila impallidir. Non vide il sole Più numerosa strage. A tante morti Era angusto il terreno. Il sangue corse In torbidi torrenti; Le minacce, i lamenti S’udian confusi, e fra i timori e l’ire Erravano indistinti I forti, i vili, i vincitori, i vinti. Né gran tempo dubbiosa La vittoria ondeggiò. Teme, dispera, Fugge il tiranno e cede Di tante ingiuste prede, Impacci al suo fuggir, l’acquisto a noi. Se una prova ne vuoi, Mira le vinte schiere: Ecco l’armi, le insegne e le bandiere. |
VAL. |
Ezio, tu non trionfi D’Attila sol: nel debellarlo, ancora Vincesti i voti miei. Tu rassicuri Su la mia fronte il vacillante alloro: Tu il marzial decoro Rendesti al Tebro; e deve Alla tua mente, alla tua destra audace L’Italia tutta e libertade e pace. |
EZIO |
L’Italia i suoi riposi Tutta non deve a me; v’è chi Li deve Solo al proprio valore. All’Adria in seno Un popolo d’eroi s’aduna, e cangia In asilo di pace L’instabile elemento. Con cento ponti e cento Le sparse isole unisce; Con le moli impedisce All’Oceàn la libertà dell’onde. E intanto su le sponde Stupido resta il pellegrin, che vede, Di marmi adorne e gravi, Sorger le mura ove ondeggiàr le navi. |
VAL. |
Chi mai non sa qual sia D’Antenore la prole? È noto a noi Che, più saggia d’ogni altro, Alle prime scintille Dell’incendio crudel ch’Attila accese, Lasciò i campi e le ville, E in grembo al mar la libertà difese. So già quant’aria ingombra La novella cittade; e volgo in mente Qual può sperarsi adulta, Se nascente è così. |
EZIO |
Cesare, io veggo I semi in lei delle future imprese: Già s’avvezza a regnar. Sudditi i mari Temeranno i suoi cenni. Argine all’ire Sarà de’ regi; e porterà felice, Con mille vele e mille aperte al vento, Ai tiranni dell’Asia alto spavento. |
VAL. |
Gli augùri fortunati Secondi il Ciel. Fra queste braccia intanto (scende dal trono) Tu, del cadente impero e mio sostegno, Prendi d’amore un pegno. A te non posso Offrir che i doni tuoi. Serbami, amico, Quei doni istessi; e sappi Che, fra gli acquisti miei, Il più nobile acquisto, Ezio, tu sei.
Se tu la reggi al volo Su la tarpea pendice, L’aquila vincitrice Sempre tornar vedrò. Breve sarà per lei Tutto il cammin del sole; E allora i regni miei Col Ciel dividerò. (parte con Varo e pretoriani) |