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Pietro Metastasio Ezio IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA UNDICESIMA
Onoria e detti.
ONOR. |
Ezio, gli obblighi miei Sono immensi con te. Volle il germano Avvilir la mia mano Sino alla tua; ma tu però, più giusto, D’esserne indegno hai persuaso Augusto. |
EZIO |
No, l’obbligo d’Onoria Questo non è. L’obbligo grande è quello Ch’io fui cagion, nel conservarle il soglio, Ch’or mi possa parlar con quest’orgoglio. |
ONOR. |
È ver, ti deggio assai: perciò mi spiace Che ad onta mia mi rendano le stelle Al tuo amore infelice Di funeste novelle apportatrice. Fulvia, ti vuol sua sposa (a Fulvia) Cesare al nuovo dì. |
FUL. |
Come! |
EZIO |
Che sento! |
ONOR. |
Di recartene il cenno Egli stesso or m’impose. Ezio, dovresti Consolartene al fin: veder soggetto Tutto il mondo al suo ben pur è diletto. |
EZIO |
Ah, questo è troppo! A troppo gran cimento D’Ezio la fedeltà Cesare espone. Qual dritto, qual ragione Ha su gli affetti miei? Fulvia rapirmi? Disprezzarmi così? Forse pretende Ch’io lo sopporti? o pure Vuol che Roma si faccia Di tragedie per lui scena funesta? |
ONOR. |
Ezio minaccia; e la sua fede è questa?
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EZIO |
Se fedele mi brama il regnante, Non offenda quest’anima amante Nella parte più viva del cor. Non si lagni se in tanta sventura Un vassallo non serba misura, Se il rispetto diventa furor. (parte) |