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Pietro Metastasio Ezio IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA QUINTA
Fulvia, poi Ezio
FUL. |
Che fo? Dove mi volgo? Egual delitto È il parlare e il tacer. Se parlo, oh Dio! Son parricida, e nel pensarlo io tremo. Se taccio al giorno estremo Giunge il mio bene. Ah! che all’idea funesta S’agghiaccia il sangue, e intorno al cor s’arresta! Ah, qual consiglio mai... Ezio, dove t’inoltri? ove ten vai? (vedendo Ezio) |
EZIO |
In difesa d’Augusto. Intesi... |
FUL. |
Ah, fuggi! In te del tradimento Cade il sospetto. |
EZIO |
In me! Fulvia, t’inganni. Ha troppe prove il Tebro Della mia fedeltà. Chi seppe ogni altro Superar con l’imprese, Maggior d’ogni calunnia anche si rese. |
FUL. |
Ma, se Cesare istesso il reo ti chiama, S’io stessa l’ascoltai! |
EZIO |
Può dirlo Augusto, Ma crederlo non può. S’anche un momento Giungesse a dubitarne, ove si volga Vede la mia difesa. Italia, il mondo, La sua grandezza, il conservato impero Rinfacciar gli saprà che non è vero. |
FUL. |
So che la tua ruina Vendicata saria; ma chi m’accerta D’una pronta difesa? Ah! s’io ti perdo, La più crudel vendetta Della perdita tua non mi consola. Fuggi, se m’ami; al mio timor t’invola. |
EZIO |
Tu, per soverchio affetto, ove non sono Ti figuri i perigli. |
FUL. |
E dove fondi Questa tua sicurezza? Forse nel tuo valore? Ezio, gli eroi Son pur mortali, e il numero gli opprime. Forse nel merto? Ah! che per questo, o caro, Sventure io ti predìco: Il merto appunto è il tuo maggior nemico. |
EZIO |
La sicurezza mia, Fulvia, è riposta Nel cor candido e puro, Che rimorsi non ha; nell’innocenza, Che paga è di se stessa; in questa mano, Necessaria all’impero. Augusto al fine Non è barbaro o stolto: E, se perde un mio pari, Conosce anche un tiranno Qual dura impresa è ristorarne il danno. |