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Pietro Metastasio Ezio IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA SETTIMA
Fulvia e Varo
FUL. |
Varo, se amasti mai, de’ nostri affetti Pietà dimostra, e d’un oppresso amico Difendi l’innocenza. |
VARO |
Or che m’è noto Il vostro amor, la pena mia s’accresce, E giovarvi io vorrei; ma troppo, oh Dio! Ezio è di sé nemico: ei parla in guisa Che irrìta Augusto. |
FUL. |
Il suo costume altero È palese a ciascuno. Omai dovrebbe Non essergli delitto. Al fin tu vedi Che, se de’ merti suoi così favella, Ei non è menzognero. |
VARO |
Qualche volta è virtù tacere il vero. Se non lodo il suo fasto, È segno d’amistà. Saprò per lui Impiegar l’opra mia: Ma voglia il Ciel che inutile non sia. |
FUL. |
Non dir così. Niega agli afflitti aita Chi dubbiosa la porge. |
VARO |
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Egli è sicuro, Sol che tu voglia. A Cesare ti dona, E, consorte di lui, tutto potrai. |
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FUL. |
Che ad altri io voglia mai, Fuor che ad Ezio, donarmi? Ah, non fia vero. |
VARO |
Ma, Fulvia, per salvarlo, in qualche parte Ceder convien. Tu puoi l’ira d’Augusto Sola placar. Non differirlo; e in seno Se amor non hai per lui, fingilo almeno. |
FUL. |
Seguirò il tuo consiglio, Ma chi sa con qual sorte! È sempre un fallo Il simulare. Io sento Che vi ripugna il core. |
VARO |
In simil caso Il fingere è permesso; E poi non è gran pena al vostro sesso.
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FUL. |
Quel fingere affetto, Allor che non s’ama, Per molti è diletto; Ma «pena» la chiama Quest’alma non usa A fingere amor. Mi scopre, m’accusa, Se parla, se tace, Il labbro, seguace De’ moti del cor. (parte) |