Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Pietro Metastasio Ezio IntraText CT - Lettura del testo |
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Atrio delle carceri con cancelli di ferro in prospetto, che conducono a diverse prigioni.
Guardie a vista su la porta de’ detti cancelli.
Onoria, indi Ezio con catene.
ONOR. |
Ezio qui venga. È questa gemma il segno (alle guardie) Del cesareo volere. Il suo periglio Mi fa più amante; e la pietà, ch’io sento Nel vederlo infelice, Tal fomento è all’amor, ch’io non so come Si forma nel mio petto Di due diversi affetti un solo affetto. Eccolo. Oh, come altero, Come lieto s’avanza! O quell’alma è innocente, o non è vero Che immagine dell’alma è la sembianza. (esce Ezio da uno de’ cancelli, presso de’ quali restano le guardie) |
EZIO |
Questi del tuo germano Son, principessa, i doni. Avresti mai Potuto immaginarlo? In pochi istanti Tutto cangiò per me. Cinto d’allori Del giorno al tramontar tu mi vedesti; E poi co’ lacci intorno Tu mi rivedi all’apparir del giorno. |
ONOR. |
Ezio, qualunque nasce alle vicende Della sorte è soggetto. Il primo esempio Dell’incostanza sua, duce, non sei. L’ingiustizia di lei Tu potresti emendar. Per mia richiesta Cesare l’ira sua tutta abbandona: T’ama, ti vuole amico, e ti perdona. |
EZIO |
E il crederò? |
ONOR. |
Sì. Né domanda Augusto Altra emenda da te che il suo riposo. Del tentativo ascoso Scopri la trama, e appieno Libero sei. Può domandar di meno? |
EZIO |
Non è poca richiesta. Ei vuol ch’io stesso M’accusi per timore. Ei vuole a prezzo Dell’innocenza mia Generoso apparir. Sa la mia fede, Prova rossor nell’oltraggiarmi a torto; Perciò mi vuole o delinquente o morto. |
ONOR. |
Dunque con tanto fasto Lo sdegno tuo giustificar non déi; E, se innocente sei, placide, umìli Sian le tue scuse. A lui favella in modo Che non possa incolparti, Che non abbia coraggio a condannarti. |
EZIO |
Onoria, per salvarmi Ad esser vile io non appresi ancora. |
ONOR. |
Ma sai che corri a morte? |
EZIO |
E ben, si mora! Non è il peggior de’ mali Al fin questo morir; ci toglie almeno Dal commercio de’ rei. |
ONOR. |
Pensar dovresti Che per la patria tua poco vivesti. |
EZIO |
Il viver si misura Dall’opre e non dai giorni. Onoria, i vili, Inutili a ciascuno, a sé mal noti, Cui non scaldò di bella gloria il foco, Vivendo lunga età vissero poco. Ma coloro che vanno Per l’orme ch’io segnai, Vivendo pochi dì, vissero assai. |
ONOR. |
Se di te non hai cura, Abbila almen di me. |
EZIO |
Che dici? |
ONOR. |
Io t’amo: Più tacerlo nol so. Quando mi veggo A perderti vicina, i torti oblio; Ed è poca difesa Alla mia debolezza il fasto mio. |
EZIO |
Onoria, e tu sei quella Che umiltà mi consigli? In questa guisa Insuperbir mi fai. Potessi almeno, Come i tuoi pregi ammiro, amarti ancora! Deh, consenti ch’io mora. Ezio piagato Per altro stral ti viverebbe ingrato. |
ONOR. |
Viva ingrato, mi renda D’ogni speranza priva, Mi sprezzi pur, mi sia crudel; ma viva. E se pur la tua vita Aborrisci così, perché m’è cara, Cerca almeno una morte Che sia degna di te. Coll’armi in pugno Mori vincendo; onde t’invìdi il mondo, Non ti compianga. |
EZIO |
O in carcere o fra l’armi, Ad altri insegnerò come si mora. Farò invidiarmi in questo stato ancora.
Guarda pria se in questa fronte Trovi scritto alcun delitto, E dirai che la mia sorte Desta invidia e non pietà. Bella prova è d’alma forte L’esser placida e serena, Nel soffrir l’ingiusta pena D’una colpa che non ha. (rientra nelle carceri, accompagnato dalle guardie) |