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Pietro Metastasio Ezio IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA TREDICESIMA
Campidoglio antico, con popolo
Massimo senza manto, con séguito; poi Varo.
MASS. |
Inorridisci, o Roma: D’Attila lo spavento, il duce invitto, Il tuo liberator cadde trafitto. E chi l’uccise? Ah! l’omicida ingiusto Fu l’invidia d’Augusto. Ecco in qual guisa Premia un tiranno. Or che farà di noi Chi tanto merto opprime? Ah! vendicate, Romani, il vostro eroe. La gloria antica Rammentatevi omai: da un giogo indegno Liberate la patria, e difendete Dai vicini perigli L’onor, la vita, le consorti e i figli. (in atto di partire) |
VARO |
Massimo, ferma: e qual desio ribelle, Qual furor ti consiglia? |
MASS. |
Varo, t’accheta, o al mio pensier t’appiglia. Chi vuol salva la patria Stringa il ferro e mi segua. (tutti snudan la spada) (accennando il Campidoglio) Ecco il sentiero, Onde avrà libertà Roma e l’impero. (parte, seguìto da tutti, verso il Campidoglio) |
VARO |
Che indegno! Egli la morte D’un innocente affretta, E poi Roma solleva alla vendetta. Va pur: forse il disegno A chi lo meditò sarà funesto: Va, traditor... Ma qual tumulto è questo? (s’ode brevissimo strepito di trombe e timpani)
Già risonar d’intorno Al Campidoglio io sento Di cento voci e cento Lo strepito guerrier. Che fo? Si vada, e sia Stimolo all’alma mia Il debito d’amico, Di suddito il dover. (parte) |