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Pietro Metastasio L'impresario delle Canarie IntraText CT - Lettura del testo |
L'IMPRESARIO DELLE CANARIE
INTERMEZZO PRIMO
Dopo l’atto primo.
DORINA, poi NIBBIO
DOR
Via sbrigatevi in fretta,
Portate la spinetta, e da sedere.
(escono due donne, che portano la spinetta con sopra diverse carte di musica, e due sedie)
Che pazieza ci vuole
Con queste cameriere!
Sanno pur che a momenti
Aspetto un impresario,
E lasciano ogni cosa in confusione.
State attente al balcone
Per farmi l’ambasciata,
Ché intanto io rivedrò qualche cantata.
(partono le donne)
Questa è troppo difficile:
Questa è d’autore antico,
Senza tremuli, trilli e appoggiature,
Troppo contraria alla moderna scuola,
Che adorna di passaggi ogni parola.
Questa è al caso... Chi vien? Fatelo entrare.
(vedendo venire una delle due donne, che poi se n’entra)
Sarà ben ch’io lo vada ad incontrare.
NIB.
Mia signora Dorina, al suo gran merito
Profondissimamente io mi rassegno.
DOR.
Son sua serva umilissima,
E a maggior complimento io non m’impegno.
NIB.
Forse di tanto ardire
Si meraviglierà?
DOR.
Mi fa favore.
NIB.
Anz’io mi do l’onore
Di farle di me stesso, o bene o male
Una dedicatoria universale.
DOR.
Star incomodo più non è dovere:
Sieda Vossignoria.
NIB.
Con la sua compagnia
Incomodo si resta in ogni loco:
Si sta vicino a lei sempre sul foco. (siedono)
DOR.
(Che strano complimento!) Almeno io bramo
Il suo nome saper.
NIB
Nibbio mi chiamo,
Canario di nazione,
E suo buon servitor di professione.
DOR.
Ella è molto obbligante.
NIB.
Io faccio il mio dovere.
Deve dunque sapere
Che un teatro famoso
Nell’isole Canarie è stato eretto.
Io vengo a solo oggetto
Di far la compagnia;
Ed in particolar Vossignoria
Ci dovrà favorir, quando non sdegni
La nostra offerta.
DOR.
Ho quattro o cinque impegni;
Ma vedrò di servirla, ove m’accordi
Un onorario comodo e decente.
NIB.
Io sono differente.
Da tutti gl’impresari,
E precipito a sacchi i miei denari.
DOR.
Dunque il nostro contratto
Conchiuder si potrà.
Una difficoltà però mi resta.
NIB.
Qual è, signora?
DOR.
È questa:
Io la lingua non so di quel paese,
E non m’intenderanno.
NIB.
Eh! non si prenda affanno.
Il libretto non deve esser capito;
Il gusto è ripulito,
E non si bada a questo:
Si canti bene, e non importi il resto.
DOR.
Nell’arie io son con lei,
Ma ne’ recitativi è un’altra cosa.
NIB.
Anzi in questi potrà
Cantar con quella lingua che le pare,
Ché allor, com’Ella sa,
Per solito l’udienza ha da ciarlare.
DOR.
Com’è così, va bene.
NIB.
Or le sue pretensioni
Liberamente palesar mi può.
DOR.
Voglio pensarci e poi risolverò.
NIB.
Risolva, e le prometto
Che avrà per onorario
Il cor d’un impresario,
Che, pieno di rispetto,
Modesto e melanconico,
Sempre d’amor platonico
Per lei sospirerà.
Ci pensi e sappia intanto
Che nascono in quell’isole
Passeri che nel canto
Sembrano tanti Orfei;
E la beltà di lei,
Se vien colà, mi creda,
Gran preda ne farà.
DOR.
Ell’ha troppa bontà.
NIB.
Ma vuol ch’io parta
Senza farmi sentire una cantata?
DOR.
Son tanto raffreddata…
NIB.
Eh! non importa:
Per dir un’aria sola
Non bisogna gran fiato.
DOR.
Il cembalo è scordato.
NIB.
Questo non le farà gran pregiudizio.
DOR.
Non sono in esercizio.
NIB.
Qui canta per suo spasso.
DOR.
Non v’è chi suoni il basso.
NIB.
Da sé non vuol sonare
Per non farmi goder la sua virtù.
DOR.
Ella mi vuol burlare.
NIB.
Eh! favorisca. (Io non ne posso più).
DOR.
Sonerò per servirla; (va alla spinetta)
Ma resti in confidenza.
NIB.
Non dubiti, signora. (Oh che pazienza!)
DOR.
«Amor prepara»...
NIB.
Oh cara!
DOR.
«Le mie catene»...
NIB.
Oh bene !
DOR.
«Ch’io voglio perdere
La libertà»...
NIB.
Bel trillo in verità!
Che dolce appoggiatura!
È un miracolo, è un mostro di natura.
DOR.
«Tu m’imprigiona.»...
NIB.
Oh buona!
DOR.
«Di lacci priva»...
NIB.
Evviva!
DOR.
«No, che più vivere
L’alma non sa.»
NIB.
Da capo, in verità.
DOR.
Signor Nibbio, perdoni
La debolezza mia.
NIB.
Burla Vossignoria:
Ha una voce pastosa
Che sembra appunto un campanel d’argento;
Ed è miracolosa
Nel divorar biscrome a cento a cento.
DOR.
Dal suo parlar comprendo
Che di musica è intesa.
NIB.
Io me ne intendo,
Però quanto è bastante
Per picciol ornamento a un dilettante
DOR.
Dunque non è dovere
Ch’io non abbia a godere il gran vantaggio
Di sentirla cantare.
NIB.
Io l’ubbidisco e non mi fo pregare. (cava da saccoccia una cantata)
DOR.
Sarà la sua cantata
Di qualche illustre autore?
NIB.
Son d’un suo servitore
E musica e parole.
DOR.
È ancor poeta?
NIB.
Anzi questo è il mio forte.
Ho una vena terribile,
Tanto che al mio paese
Feci quindici drammi in men d’un mese.
DOR.
Bella felicità! Via! favorisca.
NIB.
Non è mia professione, e compatisca.
(va alla spinetta a cantare)
«Lilla, tiranna amata,
Salamandra infocata,
All’ Etna de’ tuoi lumi arder vorrei»...
Noti, questa è per lei.
DOR.
Grazie le rendo.
(Che testa originale! Io non l’intendo).
NIB.
«Fingi meco rigore
Sol per prenderti spasso;
So ch’hai tenero il core,
Bell’ostreca d’amore, e sembri un sasso.»
Che ne dice?
DOR.
È un portento.
La sua musa canaria
Mi sorprende, o signor.
NIB.
Senta quest’aria.
DOR.
Non la voglio stancare.
NIB.
Se avessi da crepare
Io la deggio servir.
DOR.
Grazie! (Che tedio!
Adesso ci rimedio).
NIB.
«Perché, Lilla, perché
Così crudel con me»...
DOR.
Che vuoi, Lisetta ?
(finge di esser chiamata, e va alla scena a parlare)
NIB.
Disgrazia maledetta!
DOR.
Signor Nibbio, mi scusi,
Deggio andare a un convito:
Non s’aspetta che me; tutti vi sono.
NIB.
Giusto veniva il buono.
DOR.
Pazienza! Un’altra volta
Potrà farmi favore.
NIB.
Ella perde il migliore.
DOR.
Sarà disgrazia mia.
NIB.
Senta, per cortesia, questa passata
Piena di semituoni.
DOR.
Ma se non posso!
NIB.
Eh! via.
DOR.
No, Mi perdoni:
Scusi la confidenza.
NIB.
Pazienza!
DOR.
Già so che mi perdona.
NIB.
Padrona.
DOR.
Si lasci accompagnare.
NIB.
Le pare?
S’Ella non entra in camera,
Di qui non partirò.
DOR.
Per non tenerla incomoda,
Dunque così farò.
NIB.
Io vado un poco a spasso,
Ma torno adesso adesso.
DOR.
Se non la servo abbasso,
È per ragion del sesso.
NIB.
Son servitor di casa.
DOR.
Rimanga persuasa
Ch’io non ho tale idea.
NIB.
Ma questa è sua livrea,
O che la voglia o no.