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Pietro Metastasio
Ipermestra

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SCENA SETTIMA

 

Logge interne nella reggia D’Argo. Veduta da un lato di vastissima campagna, irrigata dal fiume Inaco; e dall’altro di maestose ruine d’antiche fabbriche.

 

Danao e Adrasto da diverse parti.

 

ADR.

Ah! signor, siam perduti. Il tuo segreto

Forse è noto a Linceo.

DAN.

Stelle! Ipermestra

M’avrebbe mai tradito! Onde in te nasce

Questo timor? Vedesti il prence?

ADR.

Il vidi.

DAN.

Ti parlò?

ADR.

Lo volea: molto propose,

Più volte incominciò; ma un senso intero

Mai compir non poté. Torbido, acceso,

Inquieto, confuso,

Sospirava e fremea. Vidi che a forza

Su gli occhi trattenea lagrime incerte

Fra l’ira e fra l’amor. Senza spiegarsi

Lasciommi al fine; e mi riempie ancora,

L’idea di quell’aspetto,

Di pietà, di spavento e di sospetto.

DAN.

Ah! non tel dissi, Adrasto? Era Elpinice

Migliore esecutrice

De’ cenni miei.

ADR.

Di fedeltà mi parve

Che assai ceder dovesse

La nipote alla figlia.

DAN.

A figlia amante

Troppo fidai. Ma, se tradì l’ingrata

L’arcano mio, mi pagherà...

ADR.

Per ora

L’ire sospendi, e pensa

Alla tua sicurezza. È delle squadre

Linceo l’amor: tutto ei potrebbe.

DAN.

Ah! corri,

Va; di lui t’assicura, e fa... Ma temo

Che a suo favor... Meglio sarà... No; troppo

Il colpo ha di periglio. Io mi confondo.

Deh! consigliami, Adrasto.

ADR.

Or nella reggia

Farò che de’ custodi

Il numero s’accresca. Al prence intorno

Disporrò cautamente

Chi ne osservi ogni moto, e i suoi pensieri

Chi scopra e i detti suoi. Da quel ch’ei tenta

Prendiam consiglio, e ad un rimedio estremo

Senza ragion non ricorriam; ché spesso

L’immaturo riparo

Sollecita un periglio.

DAN.

(l’abbraccia)

Oh saggio, oh vero

 

Sostegno del mio trono!

Va: tutto alla tua fede io m’abbandono.

 

ADR.

Più temer non posso ormai

Quel destin che ci minaccia:

Il coraggio io ritrovai

Fra le braccia del mio re.

Già ripieno è il mio pensiero

Di valore e di consiglio:

Par leggiero ogni periglio

All’ardor della mia fé. (parte)

 

 

 




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