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Pietro Metastasio Ipermestra IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA SECONDA
Danao, Ipermestra
IPER. |
Potrò pure una volta Al mio padre, al mio re... |
DAN. |
Vieni: io mi deggio Molto applaudir di tua costanza. In vero Ne dimostrasti assai Nell’accoglier Linceo. |
IPER. |
Signor, se giova Che tutto il sangue mio per te si versi; Se i popoli soggetti, Se la patria è in periglio, e può salvarla Il mio morir, vadasi all’ara: io stessa Il colpo affretterò; non mi vedrai Impallidir sino al momento estremo. Ma, se chiedi un delitto, è vero, io tremo. |
DAN. |
Eh! di’ che più del padre Linceo ti sta nel cor. |
IPER. |
Nol niego, io l’amo: L’approvasti, lo sai. Ma il tuo comando Se ricuso eseguir, credimi, ho cura Più di te che di lui. Linceo, morendo, Termina con la vita ogni dolore; Ma tu, signor, come vivrai, s’ei muore? Pieno del tuo delitto, Lacerato, trafitto Da’ seguaci rimorsi, ove salvarti Da lor non troverai. Gli uomini, i numi Crederai tuoi nemici. Un nudo acciaro Se balenar vedrai, già nelle vene Ti parrà di sentirlo. In ogni nembo Temerai che s’accenda Il fulmine per te. Notti funeste Succederanno sempre Ai torbidi tuoi giorni. In odio a tutti, Tutti odierai, sino all’estremo eccesso D’odiar la luce e d’aborrir te stesso. Ah! non sia vero. Ah! non stancarti, o padre, D’esser l’amor de’ tuoi, l’onor del trono, L’asilo degli oppressi, Lo spavento de’ rei. Cangia, per queste Lagrime che a tuo pro verso dal ciglio, Amato genitor, cangia consiglio. |
DAN. |
(Qual contrasto a quei detti Sento nel cor! Temo Linceo: vorrei Conservarmi innocente). |
IPER. |
(Ei pensa: ah! forse La sua virtù destai. Numi clementi, Secondate quei moti). |
DAN. |
(È tardi: io sono Già reo nel mio pensiero). Odi, Ipermestra: Dicesti assai; ma il mio timor presente Vince ogni tua ragion. Veggo in Linceo Il carnefice mio. S’egli non muore, Pace io non ho. |
IPER. |
Vano timor. |
DAN. |
Da questo Vano timor tu liberar mi déi. |
IPER. |
Né rifletti... |
DAN. |
Io rifletto Che ormai troppo resisti e ch’io son stanco Di sì lungo garrir. Compisci l’opra: Io lo chiedo, io lo voglio. |
IPER. |
Ed io non posso Volerlo, o genitor. |
DAN. |
Nol puoi? D’un padre Così rispetti il cenno? |
IPER. |
Io ne rispetto La gloria, la virtù. |
DAN. |
Temi sì poco Lo sdegno del tuo re? |
IPER. |
Più del suo sdegno Un fallo suo mi fa tremar. |
DAN. |
Tue cure Esser queste non denno. Ubbidisci. |
IPER. |
Perdona: io sentirei Nell’impiego inumano Mancarmi il core, irrigidir la mano. |
DAN. |
Dunque al maggior bisogno M’abbandoni in tal guisa? |
IPER. |
Ogni altra prova... |
DAN. |
No, no, già n’ebbi assai. Veggo di quanto Son posposto a Linceo. Chi m’ha potuto Disubbidir per lui, per lui tradirmi Ancor potrebbe. |
IPER. |
Io! |
DAN. |
Sì: perciò ti vieto Di vederlo mai più. Pensaci. Ogni atto, Ogni suo moto, ogni tuo passo, i vostri Pensieri istessi a me saran palesi: Ei morrà, se l’ascolti. Udisti? |
IPER. |
Intesi.
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DAN. |
Non hai cor per un’impresa Che il mio bene a te consiglia: Hai costanza, ingrata figlia, Per vedermi palpitar. Proverai da un padre amante Se diverso è un re severo: Già che amor da te non spero, Voglio farti almen tremar. (parte) |