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Pietro Metastasio L'isola disabitata IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA SECONDA
Silvia frettolosa ed allegra, e detta.
SILVIA
Ah germana! Ah Costanza!
COSTANZA
Che avvenne, o Silvia? Onde la gioia?
SILVA
Io sono
Fuor di me di piacer.
COSTANZA
Perché?
SILVIA
La mia
Amabile cervetta,
In van per tanti dì pianta e cercata,
Da se stessa è tornata.
COSTANZA
E ciò ti rende
Lieta così?
SILVIA
Poco ti pare? È quella
La mia cura, il sai pur, la mia compagna,
La dolce amica mia. M’ama, m’intende,
Mi dorme in sen, mi chiede i baci, è sempre
Dal mio fianco indivisa in ogni loco:
La perdei; la ritrovo; e ti par poco?
COSTANZA
Che felice innocenza! (torna al lavoro)
SILVIA
E ho da vederti
Sempre in pianti, o germana?
COSTANZA
E come il ciglio
Mai rasciugar potrei?
Già sette volte e sei
L’anno si rinnovò da che lasciata
In sì barbara guisa,
Da’ viventi divisa,
Di tutto priva e senza speme, oh Dio!
Di mai tornar su la paterna arena,
Vivo morendo: e tu mi vuoi serena?
SILVIA
Ma per esser felici
Che manca a noi? Qui siam sovrane. È questa
Isoletta ridente il nostro regno;
Sono i sudditi nostri
Le mansuete fiere. A noi produce
La terra, il mar. Dalla stagione ardente
Ci difendon le piante, i cavi sassi
Dalla fredda stagion; né forza o legge
Qui col nostro desio mai non contrasta.
Or di’, che basterà, se ciò non basta?
COSTANZA
Ah tu del ben, che ignori,
La mancanza non senti. Atta del labbro
A far uso non eri, o del pensiero,
Quando qui si approdò; né d’altro oggetto
Che di ciò che hai presente
Serbi le tracce in mente. Io, ch’era allora
Quale or tu sei, paragonar ben posso,
(Oh memoria molesta!)
Con quel ben che perdei, quel che mi resta.
SILVIA
Spesso esaltar t’intesi
Le ricchezze, il saper, l’arti, i costumi,
Le delizie europee; ma con tua pace
Questa assai più tranquillità mi piace.
COSTANZA
Silvia, v’è gran distanza
Dall’udire al veder.
SILVIA
Ma pur le belle
Contrade che tu vanti
D’uomini son feconde; e questi sono
La specie de’ viventi
Nemica a noi. Tu mille volte e mille
Non mi dicesti...
COSTANZA
Ah sì, tel dissi, e mai
Non tel dissi abbastanza. Empii, crudeli,
Perfidi, ingannatori,
D’ogni fiera peggiori,
Che sia pietà non sanno;
Non conoscon, non hanno
Né amor, né fé, né umanità nel seno. (piange)
SILVIA
E ben, da lor qui siam sicure almeno.
Ma... tu piangi di nuovo! Ah no, se m’ami,
Non t’affligger così. Che far poss’io,
Cara, per consolarti? (la prende per mano.)
Brami la mia cervetta? Asciuga il pianto,
E in tuo poter rimanga.
COSTANZA
Ah troppo, o Silvia mia, giusto è ch’io pianga.
(abbracciandola)
Se non piange un’infelice,
Da’ viventi separata,
Dallo sposo abbandonata,
Dimmi, oh Dio, chi piangerà?
Chi può dir ch’io pianga a torto,
Se né men sperar mi lice
Questo misero conforto
D’ottener l’altrui pietà. (parte)
Alla replica dell’Aria si vede passar di lontano a vele gonfie una nave, dalla quale scendono sul palischermo Gernando ed Enrico in abito indiano che sbarcan poi sul lido.