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Pietro Metastasio
L'eroe cinese

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SCENA TERZA

 

Lisinga ed Ulania

 

LIS.

Tutti dunque i miei dì saran, germana

Neri così?

ULA.

Non li sperar sereni.

LIS.

Perché?

ULA.

Perché avveleni

Sempre col mal che temi, il ben che godi?

LIS.

Or qual ombra ho di ben?

ULA.

Qual? Tu non parti;

Siveno è qui; questo temuto erede

Non comparisce ancor. Sempre disastri

Perché temer? Figurati una volta

Qualche felicità; spera in Siveno

Cotesto erede.

LIS.

Ah sarei folle!

ULA.

È vuoto

Pur questo soglio; estinta

È la stirpe real; del gran Leango

Siveno è figlio: e del cinese impero

È Leango il sostegno,

Il decoro e l’amore. Ei, che fu il padre

Fin or di questi regni, oggi il monarca

Farsene ben potria.

LIS.

Perché nol fece

Dunque fin or? Sempre ha potuto.

ULA.

Il trono

Vuoto serbò come dovea, Leango

All’esule suo re; ma, quello estinto,

A chi più dee serbarlo?

LIS.

Ah che pur troppo

Quest’incognito erede,

Pur troppo vi sarà!

ULA.

Dunque ad amarlo

L’alma disponi.

LIS.

Io?

ULA.

Sì. Fingi che sia

Amabile, gentil...

LIS.

Taci.

ULA.

Cancelli

L’idea d’un nuovo amore...

LIS.

Taci, crudel; tu mi trafiggi il core.

 

Da quel sembiante appresi

A sospirare amante;

Sempre per quel sembiante

Sospirerò d’amor.

La face, a cui m’accesi,

Sola m’alletta e piace;

È fredda ogni altra face

Per riscaldarmi il cor. (parte)

 

 

 




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