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Pietro Metastasio L'eroe cinese IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA SESTA
Leango, poi Siveno
LEAN. |
Disingannarla io pur vorrei. No, prima Che i Tartari sian giunti, È rischio avventurar. Che rechi? Un foglio? (a un paggio che giunge) Porgilo e parti. (il paggio dà la lettera e parte) |
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SIV. |
A lei vuol ch’io ritorni (dubbioso, senza veder Leango) La mia bella Lisinga: io sudo, io tremo Nell’appressarmi a lei. No... Ma poss’io Trasgredire un suo cenno? |
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LEAN. |
Astri benigni, Eccomi in porto: il tartaro soccorso Pur giunto è al fin. (rilegge) |
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SIV. |
Lisinga il vuol, si vada... (Il genitor! No, sì confuso almeno Non vogl’io ch’ei mi vegga). (vuol partire) |
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LEAN. |
Odi, Siveno, Fermati. (Il Ciel l’invia). (Siveno s’arresta) |
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SIV. |
(Che dirgli mai! Quali scuse...) (s’arresta da lontano) |
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LEAN. |
Ah signor! (vuole inginocchiarsi) |
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SIV. |
(sollevandolo) |
Padre! che fai? |
LEAN. |
Non son più padre tuo. |
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SIV. |
Perché? Tu piangi! Misero me! Dell’improvviso pianto Che tu versi dal ciglio, Ah, forse il figlio è reo? |
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LEAN. |
Non ho più figlio. |
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SIV. |
Intendo, intendo; un temerario amore Tu disapprovi in me. Perdona, è vero: Lisinga è l’idol mio: la colpa è grande, Ma la scusa è maggior. Dov’è chi possa Vederla e non amarla? |
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LEAN. |
Amala; è giusto Che la tua sposa adori. |
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SIV. |
Ah padre, ah questo Scherzo crudel troppo il mio fallo eccede! Lo so, lo so; tu del cinese impero Hai destinato a lei Lo sconosciuto erede. |
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LEAN. |
E quel tu sei. |
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SIV. |
Che! |
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LEAN. |
Tu sei quello. Io ti serbai bambino Fra la strage de’ tuoi; ressi fin ora Quest’impero per te; sempre quel giorno, In cui render sicuro Te potessi al tuo soglio, io sospirai; Quel giorno è giunto: ora ho vissuto assai. |
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SIV. |
Io... Non m’inganni? |
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LEAN. |
No; tu sei Svenvango, Del gran Livanio ultimo figlio. |
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SIV. |
E il trono... |
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LEAN. |
E il trono è tuo retaggio. |
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SIV. |
E Lisinga... |
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LEAN. |
È tua sposa. |
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SIV. |
Oh sposa! oh giorno! Oh me felice! Ah, sappia L’idolo mio!... (vuol partire) |
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LEAN. |
Dove t’affretti? |
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SIV. |
A lei. |
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LEAN. |
Ferma; e, se m’ami, in questo stato altrui Non ti mostrar. Ti ricomponi, e pensa... |
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SIV. |
Oh Dio, piange Lisinga! |
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LEAN. |
A consolarla io stesso Con tal novella andrò. Nel maggior tempio Mentre il Senato, i sacerdoti, i duci S’aduneran, tu solitario attendi Me ne’ tuoi tetti; e al nuovo peso intanto L’alma incomincia a preparar. Rifletti Quanti popoli in te, Svenvango, avranno Oggi un padre o un tiranno; a quanti regni Tu la miseria or procurar potrai, Tu la felicità; che a tutto il mondo T’esponi in vista, e sarà il mondo intero Giudice tuo; che i buoni esempi o rei, Ammirati sul trono, Son delle altrui virtù prime sorgenti: Che non v’è fra’ viventi, Ma v’è nel Ciel chi d’un commesso impero Può dimandar ragion; chi, come innalza Quei che reggere in terra San le sue veci a benefizio altrui, Preme così chi non somiglia a lui. |
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SIV. |
Sì, caro padre mio, sarò... Vedrai... Ah troppo vorrei dir! Lisinga... Il trono... I benefizi tuoi... |
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LEAN. |
Non affannarti; Tutto intendo, o signor. |
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SIV. |
Signor mi chiami! Ah no, chiamami figlio. Ah, questo nome È il mio pregio più grande! Io, che sarei Senza di te? Tu solo Padre, benefattor, maestro, amico, Tutto fosti per me; tutta io ti deggio La mia riconoscenza, il mio rispetto, L’amor mio, la mia fede... |
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LEAN. |
Figlio, ah! non più: la tenerezza eccede. (lo abbraccia con tenerezza, poi si ritira con rispetto)
Perdona l’affetto Che l’alma mi preme, Mia gloria, mia speme, Mio figlio, mio re. Di stringerti al petto Mi ottengano il vanto Quel sangue, quel pianto Ch’io sparsi per te. (parte) |