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Pietro Metastasio Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
12 - A MARIANNA BULGARELLI BENTI - ROMA
Vienna 18 luglio 1733.
Viva per mille anni il mio augustissimo padrone, il quale ieri fece pubblicare nel supremo Consiglio di Spagna un suo veramente cesareo decreto, col quale mi conferì la Percettoria, o sia Tesoreria della provincia di Cosenza nel regno di Napoli, ufficio che non si perde che con la vita. Questo a chi lo esercita di persona rende un pingue frutto, autorità e decoro in quella provincia; ma non potendosi, o non volendosi esercitare di persona, come succede a me, si può sostituire un'altra; avendo l'espressa facoltà nel decreto di farlo, e lasciando al sostituto ogni provento, se ne ritrae, come per ragion d'affitto, una sufficiente annualità, la quale mi fanno sperare che non sarà meno di mille e cinquecento fiorini per ciascun anno. Voi vedete che la grazia è considerabile pel suo lucro; ma assicuratevi che l'onore, qual mi produce la maniera sollecita, affettuosa e clemente con cui il padrone si è degnato di conferirmela, sorpassa di gran lunga qualunque utile. Si è dichiarato alla pubblica tavola con uno de' consiglieri del Consiglio suddetto di voler ch'io l'avessi, ricordandosi delle mie fatiche e presenti e passate, ed è arrivato a dire ch'egli pretendeva questa grazia nel Consiglio per me e che per giustizia mi conveniva. Questa pubblica dimostranza di parzialità dell'augustissimo a mio favore ha fatto tale impressione che ieri, contro il solito, quando si pubblicò il decreto non vi fu alcuno dei consiglieri che ardisse di replicare una parola; ma parte dissero seccamente che si eseguisse, e parte uscirono nelle lodi della giustizia che il mio padron mi rendeva. Il più bello è che non mi sono prevaluto della minima raccomandazione per ottener simil grazia; onde la deggio interamente al gran cuore di Cesare, che Dio faccia vivere lungamente e sempre più fortunato e glorioso. Converrà adesso ch'io stringa un poco i denti per le spedizioni, che credo saranno assai dispendiose; ma comincerò subito a rimborsarmi.
Ieri dopo il pranzo, per moderarmi il piacere di questa fortuna, mi successe una disgrazia che poteva esser grande, ma non fu niente: nel salire a riconoscere il teatro della Favorita per obbligo del mio impiego, mi si staccò sotto i piedi una scala di legno, sopra la quale io era; onde, in un fascio con quella, andai a ritrovare il piano; e pure, a riserva di due leggiere ammaccature, non ne ho risentito alcun danno. Questa grazia non è stata minor della prima. In questo punto vado a dimandare udienza per ringraziare l'augustissimo padrone. Nel venturo ordinario saprete quello che mi dirà. Addio, N. M. Il vostro N.