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Pietro Metastasio Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
50 - AD ANNA FRANCESCA PIGNATELLI DI BELMONTE - NAPOLI
Vienna 4 gennaio 1751.
A Vostra Eccellenza manca il tempo; manca a me la facoltà di scrivere. Questo inverno esercita eccessivamente la mia pazienza, a segno che mi riesce gravissima anche la fissazione che esigge una breve lettera. Con tutto ciò per mantenermi nell'invidiabile possesso ella sua corríspondenza intraprendo di rispondere al veneratissimo suo foglio dello scorso novembre preparato a regolare l'estensione di questa risposta, con la discrezione de' flati miei.
Spero (o per dir meglio) temo che le saran giunti a quest'ora i due piccioli componimenti ch'ella mi ordinò d'inviarle. Questi per esiggere indulgenza han bisogno che il lettore abbia presenti le persone, il tempo e l'oggetto a cui è convenuto adattargli e che non si scordi che fra tanti ceppi è costretto l'ingegno a far più tosto uso di giudizio che di ricchezza. Ma già ne abbiam troppo parlato.
Dopo averlo assicurato della inalterabile mia venerazione, la supplico di rispondere al degnissimo signor principe suo consorte che il mio costante commercio di tanti anni con le Muse è ormai più tosto amicizia che tenerezza. Io conosco tutti i loro capricci, esse non ignorano alcuna delle molte mie imperfezioni. Io le lascio in pace quanto è possibile: esse non mi stuzzicano che per inavvertenza: e se talvolta ci accarezziamo, è più costume che affetto. Esse, incontentabili come la maggior parte delle belle, credono (ancorché nol dicano apertamente) ch'io non abbia fatto loro l'onore che meritavano: ed io credo all'incontro (benché dissimuli il mio rimorso) d'aver pagati troppo cari i loro favori coi dispendi de' quali ora mi risento, e di tempo e di salute. Consideri con questa vicendevole svogliatezza se io senza necessità andrò trescando con le Muse, o se queste senza un sovrano comando verranno a trattenersi con un ipocondriaco. Finalmente se il signor principe promette di non pubblicare il segreto gli confidi che non è affatto vero (come si crede) che coteste fanciulle siano state meco facili e cortesi: sappia che per farle fare a mio modo ho dovuto sempre sudar moltissimo ed affannarmi. e che ormai conosco che la loro compiacenza non merita una pena sì grande.
Orazio dorme e dormirà finché vegliano i miei flati. Quando si desti libererò con Vostra Eccellenza la mia parola.
Non le parlo della perdita che abbiam fatto dell'imperatrice vedova: la notizia costì sarà vecchia, ed io evito quanto posso di trattenermi su gli accidenti funesti. E pieno del solito ossequioso rispetto sono.