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Pietro Metastasio
Lettere

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66 - A LEOPOLDO TRAPASSI - ROMA

 

Vienna 6 maggio 1754.

 

La gratissima vostra del 13 del caduto non avrebbe bisogno di lunga risposta, ma questo non giova alla mia pigrizia; convien ch'io vi parli del signor marchese Patrizi per cui vi mando l'annessa risposta che, letta, suggellata e per mio consiglio a vostro uso trascritta, consegnerete poi al cavaliere insieme con un mondo di riverenze a mio nome. Egli mi scrive una lunghissima lettera ortatoria al viaggio di Roma, mi assicura benevola e benefica la Santità Sua e, combinando le sue espressioni co' discorsi tenuti con esso voi, pare che intenda di parlare di transmigrazione totale, più tosto che di visita passeggiera. La lettera ha fisonomia d'essere stata dettata o almen commessa; e quando anche non fosse né l'uno né l'altro, la prudenza esige di ricordarsi, rispondendo, che potrebbe esserlo Con queste premesse e col di più che vi dirò intenderete meglio la mia risposta. Io, per dirvi il vero, son molto grato al desiderio che costì si mostra di me; ma non intendo come si pensi sulla facilità di trasportarmi. La prima difficoltà è ch'io non sono capace di piantar così senza motivo una padrona che mi ha sempre beneficato e distinto: e quando su questo punto il presente pontefice si accordasse con l'imperatrice, di cui si trova amico e corrispondente, mi darebbe egli l'equivalente di cinquemila annui fiorini in circa, che godo dalla beneficenza augustissima? Il Papa omnia potest, ma bisogna vedere si omnia vult: ed io so come si pensa sul Quirinale. È possibile che mi credano costì così poco onesto e così gocciolone da lasciare senza ragione una tal padrona ed un tal soldo sulle speranze delle beneficenze d'un pontefice octogenario? S'egli avesse veramente questa voglia, Papa omnia potest, e senza taccia dell'onor mio e senza mio danno di veruna fatta mi avrebbe, io credo, a' suoi piedi. Ma la volontà non è efficace quando si vuole appagare a spese altrui o non impiegare che la discreditata moneta delle belle speranze: onde, caro fratello, non correte al rumore. Io ho veramente voglia di riveder la patria e quel santo e buon vecchio, almeno per alcuni mesi: ma, avendo fatti i miei conti, trovo che il decoro ed i comodi che esigerebbe un tal mio viaggio, ne farebbe montar la spesa intorno ai seimila fiorini, somma alla quale costì non sarebbero indifferenti i più pingui purpurei padri: onde non è gran fatto ch'io ci pensi. E pure io v'assicuro che per me, anche nella mia limitatissima fortuna, non sarà questa la difficoltà che prevalerà fra quelle che differiranno il mio viaggio.

Come non vi siete irritato all'ingiuriosa miseria de' bassi canonicati che vi han proposti? Si può pensar più deplorabilmente?

Informato di questi sentimenti regolatevi a che confidenze, ma guardatevi di comunicar questa lettera. Bisogna essere un buon figlio come son io per non risentirsi contro una madre che mi offende più quando si ricorda di me che quando se ne dimentica. Addio. Io sono il vostro. Vi mando una lettera ostensibile che mostrarete invece di questa.

 

 




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