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Pietro Metastasio Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
68 - A FRANCESCA MARIA TORRES ORZONI - GORIZIA
Vienna 25 gennaio 1755.
Divertimenti carnevaleschi, premure coniugali nelle affezioni d'un consorte, lettura di libri filosofici, direzione d'un dramma da rappresentarsi, cure inevitabili dell'ordinare una nuova abitazione, freddo da gelare i pensieri non che le dita, ed a dispetto di tanti ostacoli ricordarsi di me! Scrivermi una spiritosa obbligante lettera! e spiegare in essa tutte le grazie del vostro felice ingegno, son circostanze, riverita signora contessina, da far perder le staffe alla moderazione di Senocrate, di Zenone e d'Aristippo, non che a quella d'un poeta che sussiste d'imaginazione. Se l'avete fatto per divertirvi, Dio ve 'l perdoni: ma non saprei sospettarvi capace d'un disegno così peccaminoso: benché, a dir vero, la Teologia delle Belle abbia certe recondite sottigliezze che sfuggono la vista di noi altri profani. Comunque la cosa vada, io non voglio essere ingegnoso a mie spese. Le grazie che mi fate sono eccessive, io accetto di buona fede le buone feste e rendo per esse un pienissimo contraccambio di rispetto e di gratitudine, non sapendo con qual altra moneta corrispondere, dopo aver letto per latum et longam, ed esaminato tutto l'inventario delle corte mie minutissime facoltà.
Se la bella gioventù di Gorizia sta in moto, quella di Vienna non tiene le mani alla cintola. Si ride in due teatri alla francese ed alla tedesca: si salta comicamente nel ridotto; si balla all'eroica in Corte: si ammirano gl'incantesimi dell'armonia in casa del principe d'Hilburgshausen, che dà a questa nobiltà magnifici concerti e se ne preparano altri spirituali nel pubblico teatro per fomento della nostra divozione nell'imminente quaresima: onde se non ci mancasse la signora contessina, il Danubio avrebbe ben poco da invidiare al Lisonzo.
Io che sono un poco fabbricato di materiali sensibili come il mio caro signor tenente maresciallo, non posso in buona coscienza condannare in lui quello di che non so corregger me stesso. La perdita d'un amico non si ristora, particolarmente in certe stagioni: e quando non si possa evitare un eccesso, io preferisco la debolezza alla stupidità. Vi supplico d'abbracciarlo a mio nome, e dirgli ch'io lo compatisco e l'amo più che mai.
Tirerei innanzi, ma temo di farvi pentire d'essermi troppo cortese. Conservatevi, fate carezze al mio Re pastore: non filosofate più del bisogno: divertitevi, comandatemi e credetemi con costanza eguale al rispetto.
P.S. La signora contessa d'Althann mi commette di dirvi quantità di tenerezze a suo nome. Imaginatele.