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Pietro Metastasio
Lettere

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87 - A FRANCESCA MARIA TORRES ORZONI - GORIZIA

 

Vienna 10 novembre 1759.

 

La vostra lunghissimamente differita risposta all'ultima mia lettera mi ha fatto credere, riveritissima signora contessina, che voi, ritirata nella solitudine dell'amena vostra campagna ed occupata fra cure dimestiche e le profonde filosofiche meditazioni, vi foste proposta, se non una solenne separazione, almeno una parentesi dal commercio degli uomini: ed aspettavo con ansietà che stanca dell'ozio vostro ritornaste a noi poveri mortali. Impaziente per altro di trovar ragionevoli motivi per disturbar con qualche mia lettera la tranquilla vostra taciturnità, aspettavo, e mi promettevo con tutto il resto del mondo qualche glorioso militar successo che autorizzasse la mia indiscretezza a defraudar di qualche momento le vostre morali occupazioni con una mia gazzetta. E chi non l'avrebbe sperato? Armate floride provvedute e numerose: capitano per replicate esperienze maggiore d'ogni eccezione: nemico due volte solennemente sconfitto con sì poca effusione del nostro sangue: e pure eccoci all'inverno, e non si vede raccolto il minimo solido frutto di così vantaggiose circostanze.

Povera imperatrice! Povero Daun! Io mi perdo in questo inesplicabile enigma: e non solo non ne intendo le cagioni, ma procuro di scacciar da me come tentazioni diaboliche tutte le voglie che pur troppo mi sorprendono d'investigarle. Io vorrei essere in qualche nascondiglio della Nuova Zembla o del polo antartico, per non sentir nuove di guerra e per non tener sempre alla tortura il mio lume naturale offeso e strapazzato giornalmente dagli sciocchi ed impertinenti ragionamenti della maggior parte degli uomini, e specialmente di quelli che per l'età e per la professione guarniscono d'aria autorevole gli spropositi che suggeriscon loro mille private passioni. Adesso è tempo, riverita signora contessina, di applicarsi agli studi più seduttori e separarsi da tutti quelli che disturbano la buona formazione del chilo. Io son pieno d'ottima intenzione, ma inutilmente; certe occupazioni che potrebbero violentemente distrarmi non son più per me di stagione: ed un poco di commercio necessario alla natura umana qui non si trova se non che avvelenato dalla curiosità, dalle passioni e da' pregiudizi. Guardatevi, riverita signora contessina, da queste pesti, e continuate a riguardarmi colla solita bontà, credendomi sempre con l'antico inviolabile rispetto di Vostra Eccellenza, cui prego delle mie riverenze alla cara metà ed a cotesto eccellentissimo rappresentante.

Ieri una violenta febbre dell'arciduca Carlo si dichiarò vaiuolo: e si spera di buona qualità per la sollecitudine nel manifestarsi.

 

 

 




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