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Pietro Metastasio
Lettere

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97 - A LEOPOLDO TRAPASSI - ROMA

 

Vienna 5 marzo 1764.

 

Oggi, penultimo giorno dello spirante carnevale, voi costì, ancor non volendo, vi trovarete nel turbine dell'allegrezza popolare, la quale a guisa di contagio si attacca anche alle persone che l'evitano. Perché noi siamo specie di scimie, che facciamo meccanicamente quello che vediam fare: ut ridentibus arrident ita flentibus adflent humani vultus. Ma qui dove il popolo è privo e d'occasione e di vivacità, senza l'assistenza del calendario non si sa mai qual festa corre. Io non ho inteso sonare un violino, non ho veduto ballo, né son passato innanzi la porta d'alcun teatro: ed essendo ormai ristretto il mio piacere al carere dolore, mi sono trincierato nel mio ozio letterario, che mi occupa aggradevolmente molte ore del giorno e non mi lascia rimorsi, quando non procuri vantaggi. Ma non crediate che questo amabile ozio ammetta l'incomodo uso delle lunghe lettere a dispetto della mia a voi nota pigrizia: onde alla vostra del 18 febbraio basti per risposta questa breve cicalata, pregna per altro di tenerezza fraterna e de' soliti abbracci comunicabili alla sirocchia. Addio. Io sono de more.

 

 

 




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