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Pietro Metastasio Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
100 - A FRANCESCO GIOVANNI DI CHASTELLUX - LANDAU
Vienna 15 luglio 1765.
Non si è punto ingannata V. S. illustrissima prevedendo che dovesse sorprendermi la lettura del suo erudito filosofico trattatino intorno all'unione della musica e della poesia. Basta questo saggio per misurare l'estensione dell'acuto suo, esatto e sicuro giudizio, e della solida e non pedantesca coltura de' suoi felici talenti. Non v'è Italiano, o non è almeno a me noto, che abbia spinto finora le sue meditazioni così presso alle prime sorgenti del vivo e delicato piacere che produce e che potrebbe anche più efficacemente produrre il sistema del nostro dramma musicale. La vera, ingegnosa e minuta analisi ch'ella ha fatta del ritmo, o sia canto periodico delle nostre arie; il magistrale artifizio con cui ella rende sensibile l'obbligo di non sommergere negli accessorii ornamenti il principal motivo di quelle, valendosi perciò del nuovo paragone del nudo, che dee sempre ritrovarsi sotto qualunque pomposo panneggiamento; le dimostrate progressioni per le quali, passando dal semplice al recitativo composto, debbono essere imitate le naturali alterazioni che nascono dalla vicenda delle violente passioni, ed altri passi della dotta sua Dissertazione, i quali io trascuro per non trascriverla intiera, sono lampi non pregevoli solo per il proprio loro splendore, ma più ancora per l'immenso terreno che scuoprono a chi sappia approfittarsene per più lontani viaggi. Io me ne congratulo sinceramente seco; ed Italiano ed autore gliene protesto a doppio titolo la dovuta mia riconoscenza anzi, sommamente geloso della parzialità d'un giudice così illuminato, bramerei pure, come poeta, che non dovesse la nostra poesia invidiarne una troppo vantaggiosa porzione alla nostra musica, come potrebbe farmi temere il sentire questa considerata da lei per oggetto principale d'un dramma, ed attribuito il suo avanzamento dall'essersi sciolta da' legami dell'altra.
Quando la musica, riveritissimo signor cavaliere, aspira nel dramma alle prime parti in concorso della poesia, distrugge questa e se stessa. È un assurdo troppo solenne, che pretendano le vesti la principal considerazione a gara della persona per cui sono fatte. I miei drammi in tutta l'Italia, per quotidiana esperienza, sono di gran lunga più sicuri del pubblico favore recitati da' comici che cantati da' musici, prova alla quale non so se potesse esporsi la più eletta musica d'un dramma, abbandonata dalle parole. Le arie chiamate di bravura, delle quali condanna ella da suo pari l'uso troppo frequente, sono appunto lo sforzo della nostra musica che tenta sottrarsi all'impero della poesia. Non ha cura in tali arie né di caratteri, né di situazioni, né di affetti, né di senso né di ragione; ed ostentando solo le sue proprie ricchezze col ministero di qualche gorga imitatrice de' violini e degli usignoli, ha cagionato quel diletto che nasce dalla sola maraviglia, ed ha riscossi gli applausi che non possono a buona equità esser negati a qualunque ballerino di corda, quando giunga con la destrezza a superar la comune espettazione. Superba la moderna musica di tal fortuna, si è arditamente ribellata dalla poesia, ha neglette tutte le vere espressioni, ha trattate le parole come un fondo servile obbligato a prestarsi a dispetto del senso comune, a qualunque suo stravagante capriccio, non ha fatto più risuonare il teatro che di coteste sue arie di bravura e con la fastidiosa inondazione di esse ne ha affrettato la decadenza, dopo aver però cagionata quella del dramma miseramente lacero, sfigurato e distrutto da così sconsigliata ribellione. I piaceri che non giungono a far impressione su la mente e sul cuore sono di corta durata, e gli uomini, come corporei, si lasciano, è vero, facilmente sorprendere dalle improvvise dilettevoli meccaniche sensazioni, ma non rinunzian per sempre alla qualità di ragionevoli. In fine è ormai pervenuto questo inconveniente a così intollerabile eccesso, che o converrà che ben presto cotesta serva fuggitiva si sottoponga di bel nuovo a quella regolatrice che sa renderla così bella, o che, separandosi affatto la musica dalla drammatica poesia, si contenti quest'ultima della propria interna melodia, di cui non lasceran mai di fornirla gli eccellenti poeti, e che vada l'altra a metter d'accordo le varie voci d'un coro, a regolare l'armonia d'un concerto, o a secondare i passi d'un ballo, ma senza impacciarsi più de' coturni.
Non mi stancherei così presto di ragionar seco; ma le mie occupazioni necessarie mi defraudano tutto il tempo per le piacevoli, onde augurandomi la sorte di poter meritare in qualche parte con la mia ubbidienza il finora gratuito dono della favorevole sua propensione, pieno di riconoscenza e di rispetto mi confermo.