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Pietro Metastasio Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
137 - A MICHELE SARCONE - NAPOLI
Vienna 12 novembre 1772.
La violenta fermentazione di bile che accende nel parziale animo di V. S. illustrissima il barbaro governo che han fatto degli scritti miei tanti stampatori fin ora, mi convince bensì dolcemente dell'invidiabile possesso ch'io godo dell'amor suo, ma non è punto per me contaggiosa: la continua rinnovazione di tali insulti mi ha reso ad essi insensibile, come Mitridate ai veleni: e starebbe poi troppo male per altro ad una cicala di Parnaso, come son io, il mostrarsi intollerante d'una sventura da cui gli Omeri, i Virgili, gli Ariosti ed i Torquati non han potuto difendersi. Ho ben pur troppo ancor io una dose d'amor proprio che basta per desiderare una edizione che mi consoli degli strapazzi sofferti: ma non ne ho però tanta che vaglia a somministrarmi il coraggio di affrontare le difficoltà da superarsi per ottenerla. Trascuro di rappresentarle minutamente quelle con le quali si troverà V. S. illustrissima alle mani costì (se pur vorrà intraprendere contro il mio avviso una così dura provincia). Proverà ben ella stessa di quanto lunga pazienza avrà bisogno nella ristampa di ben dieci volumi: improbo lavoro, che sarà certamente mal secondato or dalla inabilità or dalla negligenza ed or dalla mala fede degli esecutori delle sue savie disposizioni: e s'avvedrà pur troppo al fine di quanto fra loro ordinariamente sbilancino i calcoli degl'ideati incerti guadagni, e quelli de' sicuri e non mai interamente preveduti dispendi di somiglianti operazioni. Ma dirà ella, e dirà vero, che il peso di regolar costì la nave fra queste Sirti suo sarebbe e non mio: ed è verissimo altresì che io deggio supporre che non sieno sfuggiti alla sua prudenza né i rischi dell'impresa né i mezzi per evitarli. Dunque io non sono in dritto d'opporre al disegno se non se la mia fisica impossibilità di conferire all'eccellenza della novella edizione quelle parti che esigono il mio lavoro: e lavoro che, in mezzo al più florido vigore degli anni miei sempre da me costantemente abborrito, or l'età e la stanchezza mi han reso intollerabile affatto. Converrebbe, per secondare l'affettuoso suo desiderio, ch'io prendessi in primo luogo per mano i miei dieci volumi, e che parola per parola ne correggessi l'ortografia, l'interpunzione e gli errori. Vorrebbe quindi ella ch'io le formassi un pieno, esatto e minuto catalogo d'ogni mio lungo o breve componimento, guarnito della notizia cronologica del loro nascimento, della prima pubblicazione, del teatro, del maestro di musica, dell'occasione per cui fu scritto e d'ogni più minuta circostanza che possa servir di lume alla storia de' miei peccati e de' miei pentimenti: ed esigerebbe finalmente che in ogni mio dramma si trovassero assegnati i luoghi che debbono occupar sul palco gli attori nel tempo della rappresentazione: e dove, e quando, e come debbano essi cambiarli, se il verisimile ed il comodo dell'azione il richiede: scienza tanto necessaria quanto ignorata da tutta la schiera canora, e che oscura e deturpa negletta (come egregiamente ella osserva) qualunque più ordinato e più splendido dramma. Or come può mai suppormi V. S. illustrissima tanto a quest'ora robusto, tanto affatto disoccupato, e tanto eroicamente paziente ch'io possa sottopormi a così lunghe, così ingrate, così spinose fatiche? Se sedotto dalla paterna debolezza io trascorressi inconsideratamente a prometterlo, non si fidi di me, riverito signor don Michele, perché la mia insufficienza mi costringerebbe senza fallo a tradir la sua espettazione. Sicché sia ben certissimo della mia infinita riconoscenza per le amorose sue parziali intenzioni, ma se non sono abile ad approfittarmene mi compatisca e non m'accusi: e faccia uso (se ancora è in tempo) di quei suggerimenti che la mia gratitudine non ha permesso ch'io taccia, per prevenire i danni a' quali ella per troppo amarmi pensa generosamente d'esporsi.
Quando mi giungano i libri e le poesie ch'ella mi annuncia, e delle quali incomincio già ad esserle grato, gliene darò immediatamente il debito conto: e son intanto con perfetta stima e con indelebile riconoscenza.