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Pietro Metastasio
Lettere

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XXVI

 

A FRANCESCO ALGAROTTI - DRESDA

 

Vienna 1742.

 

Sarei colpevole, riveritissimo signor conte, di troppo grave fallo presso la pregiabilissima sua persona, se avessi tanto tempo volontariamente differita la risposta ch'io dovea all'obbligantissima sua lettera, capitatami fin dagli ultimi giorni dello scorso settembre, ma un violento catarro che, corteggiato da molte incomode circostanze, mi ha lungamente afflitto e non ancor del tutto abbandonato, se ha potuto già farmi comparir disattento vaglia almen ora per discolparmi. Non è facile ch'io le spieghi quanti motivi di ammirazione e di compiacenza abbia incontrato nel suo riveritissimo foglio. Che un'opera mia sia costì stata scelta al divertimento reale; che la Didone abbia potuto esser eletta, anche senza l'incendio a cui l'ho sempre creduta in gran parte debitrice di sua fortuna; che dovendo farsi in essa cambiamento sia caduta in mani così amiche e così maestre che la sua scrupolosa delicatezza abbia e voluto e saputo far uso così leggiadro de' più minuti ritagli d'un panno immeritevole di tanto risparmio; e che finalmente l'incomparabile sua cortesia si sia ridotta fin all'eccesso di giustificarsi d'un beneficio, son tutte riflessioni che mi sorprendono e mi consolano, e che mi tentano tanto di vanità, quanto mi riempiono di riconoscenza. Quali grazie poi le renderò mai per la bellissima licenza di cui si è compiaciuto di farmi parte? essa è ben degna e del soggetto e dello scrittore, ed ha saldamente confermata in me la stima che da lungo tempo mi aveano giustamente inspirata per lei non meno il voto del pubblico che le dotte ed ingegnose sue produzioni. Me ne rallegro seco, ma forse meno che con me stesso, di cui è tutto profitto l'aggiunta d'un ornamento di tanto pregio.

Oh son pur contento che ella sia finalmente risoluta di far godere all'Italia il frutto delle sue lunghe peregrinazioni! Ponga sollecitamente in effetto così giusto pensiere; io ne sono impaziente e per la gloria che ne presagisco alla nostra patria e per quel piacere che mi prometto nel suo passaggio per questa città. Riserbo a quel tempo tutti i rendimenti di grazie ch'io debbo alla sua troppo generosa parzialità, la quale per altro è così prodiga delle mie lodi che giungo ad arrossirne, benché poeta. Se ella non pensa a moderarla, è pericolo che alla fine il mio rossore degeneri in vanità. Io non sono incallito abbastanza nelle massime di Zenone e di Crisippo per difendermi da simili tentazioni, che congiurano per sedurmi con tutto il merito d'un lodator così degno.

Subito che mi sia permesso d'uscir di casa, dirò al signor Bertoli quanto si è ella compiaciuta di commettermi. Ei ne sarà contentissimo, né lo sarà meno il signor conte Canale nel trattar un uomo così ammirabile per la sua eccellenza, come adorabile per il suo costume. E augurandomi intanto la sorte di meritare alcun suo comando pieno di stima, di gratitudine e di rispetto mi sottoscrivo.

 

 




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