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Pietro Metastasio
Lettere

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XXXIV

 

A CARLO BROSCHI DETTO FARINELLO - MADRID

 

Vienna 26 agosto 1747.

 

È in data del 2 di luglio l'ultima amabilissima vostra lettera, brevissima a rispetto della sete inestinguibile che mi trovo di cicalar con esso voi, nella maniera almeno da così enorme separazione permessa; ma lunga per altro abbastanza per servirmi d'argomento della parte che mi concedete ancora nel vostro cuore, senza qual circostanza non avreste certamente potuto sacrificar tanto tempo e tanto lavoro. La convenienza, la civiltà, la gentilezza e tutti gli altri comuni legami della società civile non sogliono ispirar tanta pazienza Una pruova sì convincente della tenera vostra amicizia, aggiunta alle antiche testimonianze ed alle nuove proteste, mi rende così sicuro dell'amor vostro, che di tutt'altro più tosto che di questo dubiterei. Questo basterebbe per obbligarmi ad amarvi: voi sapete per molte esperienze

 

che amore a nullo amato amar perdona.

 

Ora accumulate a così efficace motivo il merito vostro che vi ha reso tanto amabile quanto singolare, la confidenza con la quale mi parlate de' vostri affari, la cordialità con la quale vi offerite a raddrizzare i miei, la tenera premura che mostrate della mia salute, l'istruzione ed i mezzi che me ne somministrate, la somiglianza de' malanni, la protezione che mi procurate di coteste illustri ninfe, il generoso pensiero che vi prendete e del mio palato e quasi del mio naso, sommate tutto insieme, e poi ditemi se si trova aritmetico che sappia numerarne il prodotto. Io non so esprimermi meglio che dicendovi che v'amo quanto merita d'essere amato Farinello. Ma sospendiamo queste tenerezze, affinché qualche maligno non ci appicchi un'impostura di quelle che servono a consolar l'invidia intollerante dell'onesta, tenera, vera e disinteressata amicizia.

Non può essere né più viva né più lepida né più minuta la descrizione che mi fate e della vostra infermità e della cavata di sangue e del chirurgo francese e del fisico lombardo. Io ho dovuto rider più volte del sale comico col quale avete saputo condire un racconto per altro così tragico. Desidero che i voti di tutte le persone delicate e cólte d'Europa siano esauditi, e che possiate voi trionfar di tutti i vostri ipocondriaci cancherini interamente debellati. Datemi il buon esempio, come mi avete dato il cattivo; ed io procurerò d'imitarvi.

La vostra musica per la mia Nice è degna di voi. Comincia il suo merito dalla scelta dell'affettuoso tuono di fa-ut, e cresce con la nobile naturalezza che conviene a questa specie di componimento. Io vi cedo senza repugnanza, anzi son superbo d'esser superato da voi. Ed a chi mai può far vergogna d'esser superato in musica dal mio incomparabile Farinello? Non mi hanno incantato meno le due musiche della picciola dedica Se mi dài ecc. Ma nell'ultima particolarmente di queste vi siete dimenticato un poco che la natura non è prodiga di Farinelli, e che l'esecuzione di questa musica per esser perfetta abbisogna dell'eccellenza dell'autore. Benché io non sia musico se non quanto basta ad un poeta, comprendo la vostra intenzione e mi sbattezzo per secondarla; ma spiritus promptus est, caro autem infirma. Intendiamoci bene: io parlo della mia voce, non prendete qualche equivoco ingiurioso al mio credito.

Oh caro Farinello, quale agitazione, qual tumulto, qual tempesta mi avete risvegliata nell'animo confidandomi le tanto grandi quanto poco meritate fortune della mia Nice! Voi che conoscete la vanità de' poeti non mi tacete alcuna circostanza di quelle che possono farla crescere sino al sommo della sua elevazione. Non vi contentate d'assicurarmi che la mia Nice si canta sovente su le sponde del real Manzanare: mi fate intender DA CHI, e come, ed in qual sublime recesso, e fra quale illustre e felice compagnia. Né siete contento di questo: mi fate una rispettosa sì ma esattissima enumerazione delle veramente più che umane qualità di quella deità che rende felice cotesto clima con la sua presenza, e tanti, tanti altri, con gl'influssi suoi. In somma m'accorgo benissimo del vostro maligno piacere nel considerarmi agitato fra la superbia e la confusione, fra la compiacenza e l'invidia. Oh fortunata mia Nice! Chi avrebbe mai preveduto ch'io dovessi invidiarti? Con quanta venerazione dovrò riguardarti in avvenire!

Voi mi credete in gran pericolo per avervi io preferito ad una tranquillissima beltà teutonica. Oh quanto v'ingannate! Qui gli odii e gli amori non tolgono mai il sonno: qui l'anima s'impaccia pochissimo degli affari del corpo: la sera siete il favorito, la mattina l'incognito. Le premure, le agitazioni, le sollecitudini, le picciole guerre, le frequenti paci, le gratitudini, le vendette, il parlar degli occhi, l'eloquenza del silenzio, in somma tutto ciò che può dar di piacevole o di tormentoso il commercio delicato delle anime, è paese non conosciuto se non che come ridicolo ornamento de' romanzi. È cosa incredibile a qual segno arrivi l'indolenza di queste placidissime ninfe. Io dispererei di trovarvi una sola capace di trascurare un giuoco di piquet per la perdita o per la morte d'un carissimo amante; ve ne troverei ben quante mai ne volessi di quelle che non interromperanno l'insipido lavoro de' lor nodetti fra gli eccessi dell'estro più misterioso. E voi temete per me? Tranquillatevi pure. Non si corre questo rischio. Assicuratene pur francamente cotesta degnissima dama che, senza averlo io meritato, prende generosamente interesse nel mio supposto pericolo. Esprimete voi alla medesima gli ossequiosi miei e grati sentimenti per il patrocinio di cui onora gli scritti miei. Ditegli che il nobil ritratto che voi vi siete compiaciuto di farmene mi ha reso più sensibile al freddo del settentrione dove non germogliano di tali piante. Voi in somma siete nato a luna crescente, tutto vi va a seconda. Bisogna esser Farinello, amico e gemello, per evitar l'invidia mia; che per altro, s'io mi addormentassi un poco a queste descrizioni, prenderebbe troppo vigore.

Dalla franchezza, che non avrei usata se non con voi, potrete ben conoscere se io sia stato capace di credervi il mio volontario rivale nella percettoria di Cosenza. La notizia che l'avesse ottenuta il vostro fratello non era né da me cercata né sicura; e quando lo fosse stata, a tutto ne avrei attribuita la colpa fuori che al mio Farinello, che troppo teneramente mi ama e troppo nobilmente pensa. Ve ne ho parlato perché si parla facilmente di quel che duole. E come volete, caro amico, che non mi dolga di vedermi spogliar, così senza delitto, di tutto il frutto de' poveri miei sudori, di tutte le speranze ed i sostegni della vecchiezza? Volete conoscere quanto io sia sfortunato? Sentite, e compiangetemi. Carlo VI, in premio delle mie lunghe fatiche ed in supplemento di soldo non pagato, mi concede mille scudi in Sicilia da situarsi sopra vescovati o beneficii di quel regno. Divengono immortali tutti i vescovi, abbati e beneficiati; e si perde il regno prima che si sia potuto situare un quattrino. Vaca la percettoria di Cosenza nel regno di Napoli, e memore l'augusto mio padrone de' crediti miei me la destina: entro in possesso, spendo DEL MIO per le spedizioni ottocento e più ducati, e prima ch'io cominci a riscuotere il primo semestre entrano le armi spagnuole, ed io rimango con le carte in mano da farne vesti di camera ai pani di zucchero. La presente mia clementissima sovrana, obbligata dalle circostanze de' tempi, diminuisce i soldi; e per dare a me un compenso di tal diminuzione, come per consolarmi in parte degli antichi miei danni, mi assegna mille e cinquecento fiorini (e non un canonicato) in Milano. Corre il quinto anno che la grazia è fatta, ma colà non eseguita dove bisogna, per mille arzigogoli ch'io medesimo non intendo ma provo. Or che vi pare? Non è lagrimevole il caso mio? E pure è tale. Dopo diciasette anni di servizio, non già per colpa de' miei padroni ma della mia nemica fortuna, io sono in peggiore stato di quando ho lasciata la patria mia. Da questo fedele e patetico racconto argomentate quanta confidenza abbia io con voi: confidenza che vi deggio in contraccambio della vostra. Chi può rendervi mai grazie abbastanza della affettuosa e sincera prontezza con la quale vi offerite a procurar di condurre a buon porto questo mio sventurato affare? Io riconosco in questi moti non ordinari della vostra amicizia il cuore di Farinello; e son superbo di non essermi ingannato quando mille volte ho detto che tutto è armonico in voi e tutto al medesimo grado d'eccellenza.

Io vi son già così tenuto della vostra sincera premura come se avesse conseguito il suo effetto, poiché le ragioni d'esservi obbligato dipendono da quella e non da questo. Per darvi in mano qualche scrittura autentica vi accludo un solenne certificato della Segretaria di questo Supremo Consiglio d'Italia, così della concessione della nota Percettoria come del dispaccio con cui fu notificata allora a Napoli la mercede. Il mio possesso in Napoli si proverà subito che voi me lo accenniate. Io destinerò persona nella bella Partenope che assisterà dove ed a chi crederete opportuno, quando ne avrò da voi l'avvertimento. Oh se potesse riuscirvi di render nota all'augusta vostra sovrana la lagrimevole istoria mia! piena, come il mondo la prèdica e voi me la descrivete, di clemenza, di generosità e di giustizia, è impossibile che non inclinasse l'animo a consolarmi. Per me, io conterei come affatto nuova la grazia, qualificata da così grande benefattrice. Caderebbero le sue grazie in persona, se non meritevole, cognita almeno, onde non resterebbe certamente occulto questo benefico atto del reale animo suo, da servir per esempio agli altri suoi pari e di consolazione agli oppressi. E se la voce d'una povera cicala di Parnaso, qual io mi sono, potrà giungere sino all'orecchie de' posteri, sapranno i posteri ancora qual pietosa e potente mano ha saputo sostenermi e proteggermi a dispetto di tutti gli sforzi dell'iniqua e capricciosa fortuna.

E non vi bastano, caro gemello, tante e tante testimonianze che voi mi date dell'amor vostro? Credete necessari anche i doni per rendermene più sicuro! Vainilla, chinchina, estratti amaricanti, pensieri di tabacco... Ma questo è volermi sopraffare in guisa che non mi rimanga speranza di mai più potervi contraccambiare. Intanto comincio ad esser grato con la confessione del debito e coi voti di facoltà per pagarlo.

La Corte è in un feudo dell'imperatore in Ungheria, e per conseguenza anche madama Fuchs, ed io non la vedrò così presto, perché sono già con gli stivali per trasportarmi in Moravia, dove resterò a godere l'aria autunnale della campagna sino a tutto il venturo ottobre insieme con la nostra degnissima signora contessa d'Althann, parte per consiglio de' medici e parte per l'allettamento di così nobil compagnia. Onde le vostre commissioni fuchsiane non potranno eseguirsi che al ritorno. Ho ben subito eseguite quelle che mi avete date per la signora contessa d'Althann suddetta; e le ho eseguite nella camera del giardino nostra favorita, ed in mezzo ad una numerosa assemblea, e facendo pompa della vostra brevissima lettera. Non so dirvi a qual segno abbia gradito questa dama la vostra cortese memoria, con quali parziali espressioni mi abbia ordinato d'assicurarvene, e con qual premura abbia voluto esser minutamente e replicatamente informata e della vostra salute e delle presenti vostre circostanze, interessandosi per quella ed esultando di queste. Tutto il rimanente poi della compagnia mi è caduto addosso, e ho dovuto ricantar la canzone medesima poco meno di quelle che ne' reali recessi avete per tanti anni ricantate. Vi avrebbe per altro fatto piacere, come lo ha fatto a me grandissimo, il veder qual memoria viva ancora dopo sì lungo tempo di voi in un clima dominato dall'oblivione.

Dunque volete assolutamente il mio ritratto? Oh che dolori! La pazienza di servir di modello all'indiscretezza di un pittore è per me la virtù più difficile a conseguire: fin ora non vi sono altri ritratti miei che quelle satire furtive che hanno applicate gli stampatori in fronte de' libri miei; e mi muovono la bile ogni volta che me ne capita involontariamente alcuno sotto gli occhi. Ma chi può resistere alle istanze dell'amato gemello? Al ritorno dalla campagna prenderò per penitenza dei miei peccati l'esecuzione di cotesta vostra voglia di gravida, affinché non facciate qualche aborto. Non vi meravigliate per altro se avrò su la tela fisonomia ipocondriaca perché difficilmente farò faccia ridente al pittore; se pure non mi riesce di persuader qualche driade o napea a voler assistere all'operazione ed andarmene raddolcendo l'amaro.

Con tutte le diligenze fatte sino a' confini dell'impertinenza, non mi è riuscito di avere in tempo il certificato autentico, che di sopra vi ho accennato, da questa segreteria del Consiglio d'Italia. Onde partendo io per la campagna lascio ordine che subito che si abbia vi sia trasmesso per la strada medesima per la quale la presente lettera lo precede.

Ho fatto copiare un paio di cantatine, già da me scritte per la Corte e non ancora molto comuni. Ve le accludo, ma non già per voi. Intendo che ne facciate un tributo a cotesta illustre protettrice delle Muse italiane, signora contessa di Belalcazar. Se poi vorrete voi illuminarle con le vostre note e con la vostra maestra voce, il tributo m'assicuro che meriterà la superiore approvazione di una dama di così delicato discernimento.

Finisco perché deggio partire, e non dipende da me il differirne il momento. Addio, caro gemello. Amatemi quanto io vi amo, ché appagherete l'infinita avidità ch'io mi sento dell'amor vostro e renderete giustizia alla tenera sollecitudine con la quale io sono e sarò sempre.

 

 




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