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Pietro Metastasio
Lettere

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LXII

 

A CARLO BROSCHI DETTO FARINELLO - MADRID

 

Vienna 15 dicembre 1753.

 

Rispondo alla carissima vostra del dì 11 dello scorso novembre con la quale ho ricevuto un esemplare della Semiramide col suo abito spagnuolo. Vi rendo grazie dell'obbligante attenzione, e passo a rispondere alle vostre richieste.

Quando io ho composto l'Adriano, ho procurato di far parti eguali quanto è possibile, fra Adriano e Fannaspe, Emirena e Sabina. Nella sostanza Adriano e Sabina sono le prime parti: l'una e l'altra formano il principal soggetto dell'opera; e l'una e l'altra cresce nell'andare innanzi: con tutto ciò, in grazia della vivacità delle prime scene di Fannaspe, tutti i musici si sono ingannati, ed io sono stato richiesto della decisione di cui ora mi richiedete, diverse altre volte. Da tutto questo ch'io vi dico comprenderete che dipende dall'arbitrio di far passar per prime parti Adriano e Sabina oppure Fannaspe ed Emirena, ma che in sostanza Adriano è il titolo dell'opera, e che fra lui e Sabina succede l'azione principale, non essendo Emirena che un inciampo alla virtù d'Adriano, qual finalmente vince se stesso, e questo trionfo della sua virtù è l'azione che si rappresenta. La distribuzione poi delle parti essendo impresa più politica che scientifica, non posso farla io che, non essendo sulla faccia del luogo, ignoro una quantità di circostanze necessarie a sapersi per ben decidere. Quello che posso dirvi con sincerità si è che, se io fossi musico, vorrei rappresentare il personaggio d'Adriano, e se fossi sirena incantatrice, mi piacerebbe più d'essere imperatrice romana, piena di generosità e di virtù, che una schiava innamorata come una gatta.

Ho già circonciso il primo atto dell'Alessandro: oh che macello! Ne ho tagliati 266 versi e tre arie. Caro gemello, questo mestiere ingratissimo non si fa che per voi. Il farsi eunuco di propria mano è sacrifizio che ha pochi esempi: pur si fa, e si procurerà che non se ne risenta lo spettacolo se non con vantaggio. Voi non potete aver mai tanta voglia d'una mia opera nuova quanta ne ho io di farvela, e questo pensiero mi sta sempre presente; ma per non replicarvi tutta la filastrocca con la quale vi ho seccato altre volte, vi prego di riflettere che per il giorno della mia augustissima padrona si è qui rappresentata un'opera in Corte, ed è stata La clemenza di Tito. Voi non avete bisogno di commentario a questo testo...

 

 




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