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Pietro Metastasio
Lettere

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CXIV

 

AD ANGELO FABRONI - FIRENZE

 

Vienna 7 dicembre 1767.

 

Desidera V. S. illustrissima e reverendissima da me un giudizio delle opere drarnmatiche del mio antecessore signor Apostolo Zeno, quasi che non bastasse il suo proprio, assai più sicuro di quello di chi obbligato a calcar l'istessa carriera è soggetto, anche senza avvedersene, a lasciarsi sedurre dalla pur troppo comune viziosa emulazione, per la quale figulus figulo ben rade volte è favorevole.

Io, poco sicuro di me stesso nel saper conservare il dovuto mezzo fra l'invidia e l'affettazione, evito il minuto esame delle opere suddette; ma non posso però tacere che, quando mancasse ancora al signor Apostolo Zeno ogni altro pregio poetico, quello di aver dimostrato con felice successo che il nostro melodramma e la ragione non sono enti incompatibili, come con toleranza anzi con applausi del pubblico parea che credessero quei poeti ch'egli trovò in possesso del teatro quando incominciò a scrivere, quello, dico, di non essersi reputato esente dalle leggi del verisimile, quello di essersi difeso dalla contagione del pazzo e turgido stile allor dominante, e quello finalmente di aver liberato il coturno dalla comica scurrilità del socco, con la quale era in quel tempo miseramente confuso, sono meriti ben sufficienti per esigere la nostra gratitudine e la stima della posterità...

 

 




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