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Pietro Metastasio
Lettere

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A CARLO CASTONE DELLA TORRE DI REZZONICO - PARMA

 

Vienna 18 febbraio 1782.

 

L’obbligante al solito umanissimo foglio di V. S. illustrissima col prezioso dono degli eruditi suoi prolegomeni, data di Parma il 18 dicembre dell'anno scorso, mi trovò inabile a leggere ed a scrivere per gli accresciuti dal freddo e dall'insidie degli anni antichi miei stiramenti de' nervi, specialmente della testa, che si vendica ogni giorno più crudelmente dell'abuso che la Provvidenza, decidendo del mio, mi ha costretto a farne contro la mia inclinazione. L'impazienza mi ha fatto trovare un benevolo anagnoste; onde ho avuto il contento d'ascoltar fin'ora tutto il tratto dell'opera sino alle note, che continuerò ad ascoltar sino alla fine, ammirando e l'elevazione della sua mente nell'esame dell'infinite cognizioni delle quali ha saputo far tesoro nella scienza poetica, e nelle convincenti gravi prove della qualità adorabile del suo bel cuore, così sensibile all'amicizia ed al merito, a favor del quale sagrifica le sue laboriose letterarie applicazioni, e la generosa parte di quei lavori della fortuna, di cui son tanto avidi e tenaci la maggior parte de' viventi. Queste amabili e stimabili circostanze che concorrono, e che io ho da lungo tempo scoperte nella sua degna persona, vorrebbero ch'io m'unissi seco in tutte le decisioni che ella pronuncia; ma ho il grave rammarico di non poterlo conseguire sul proposito dell'ostracismo che si minaccia alla rima nel Parnaso italiano, con suo (a parer mio) incredibile discapito. Io sono così persuaso della necessità della rima per render più fisicamente allettatrice la nostra poesia, che non credo praticabile il verso sciolto, se non se in qualche lettera familiare o nei componimenti didascalici. Assuefatto nella mia lunga vita a conoscermi debitore alla rima d'una gran parte della tolleranza che le mie fanfaluche canore hanno esatta dal pubblico, non potrei aver l'ingratitudine di perseguitarla. Sia questa passione o giustizia, non è più superabile all'età mia. Già molti anni sono, in uno spazio d'ozio che mi concesse il mio impiego, scrissi un Estratto della Poetica d'Aristotile, in cui mi occorse di parlar della rima. Ostentai la mia parzialità per essa; ne dissi di volo i miei motivi; e questo manoscritto è presentemente sotto il torchio a Parigi, non avendo potuto negarlo all'editore dell'ultima ristampa di tutte le edite ed inedite opere mie in dodici volumi che nel prossimo maggio dovrebbe esser terminata, avendone già qui nove tomi compiuti.

Io non son più uomo da dissertazioni, e sarebbe fisicamente impossibile ch'io potessi ora seco trattar per lettera questo problema. Son per altro contento ch'ella legga i miei sentimenti in istampa e li compatisca, se non gli approva. Rinnovo i miei rendimenti di grazie alla sua generosa ed affettuosa parzialità, che non trascura occasioni di onorarmi de' suoi elogi sempre superiori al mio merito. Mi congratulo seco dei portentosi progressi che va continuamente facendo nel cammin delle lettere, e conto per uno de' più dolorosi effetti della grave età mia quello di non potermi trattener seco lungamente quanto vorrei almen con la penna e come esigerebbe la mia affettuosa gratitudine e la più giusta ed affettuosa stima con cui sono.

 

 




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