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Pietro Metastasio Nitteti IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA QUARTA
Beroe, Sammete nel proprio suo abito, poi Amenofi
BER. |
Questi reali alberghi (guardando curiosa intorno) Son pur nuovi per me! Dovunque io miro... |
SAMM. |
Ecco deposte al fin... Beroe! (si veggono. E si guardan fissamenter alcuni istanti senza parlare) |
BER. |
Dalmiro! |
SAMM. |
Tu qui? |
BER. |
Tu in quelle spoglie! |
SAMM. |
A che vieni? ove vai? |
BER. |
Che strano evento Ti trasforma in tal guisa agli occhi miei? Parla: che fu? Dov’è il pastor? Chi sei? |
SAMM. |
Tutto, ben mio, dirò... |
AMEN. |
Prence, Sammete, Giunge il real tuo genitor. (Sammete confuso) |
BER. |
(colpita dalla sorpesa del nome) (Sammete! Misera me!) |
SAMM. |
Verrò. (confuso) |
AMEN. |
Corri; potria Prima giungere il re. |
SAMM. |
Verrò; t’invia. (con impazienza ad Amenofi, che parte) |
BER. |
Crudel, tu sei Sammete? Tu sei prole d’un re? Dunque fin ora Meco hai mentito aspetto, Spoglia, nome, costumi, e forse affetto? Come abusar potesti D’un sì tenero amore, D’una fé, d’un candore, D’un cor che offerto interamente in dono... Barbaro!... Ingrato!... |
SAMM. |
Anima mia, perdono. Fu giovanil vaghezza, Che fra rustici giuochi in finte spoglie A mischiarmi m’indusse. In quelle, il sai, Un pastor mi credesti. Ti piacqui, mi piacesti; e il grado mio Ti celai per timor. So che in amore Gran nodo è l’eguaglianza: io volli prima Un amante pastor renderti caro, Ed un principe amante offrirti poi. Eccolo a’piedi tuoi. (si getta in ginocchioni) Or non t’inganna; ha su le labbra il core: Accettami, qual vuoi, prence o pastore. |
BER. |
Ah, Sammete! ah, non più! Sorgi; io trascorsi Troppo con te. Dal mio dolor sorpresa, Il mio prence insultai: perdona il fallo All’eccesso, o signor, d’un lungo affetto. |
SAMM. |
Per pietà, mio tesoro, ah, men rispetto! Eccede un tal castigo (con enfasi affettuosa) Tutte le colpe mie: morir mi fai Parlandomi in tal guisa. |
BER. |
Ah! che or tu sei... |
SAMM. |
Il tuo fedele. |
BER. |
Ah! che or son io... |
SAMM. |
La mia Unica speme. |
BER. |
Oh Dio! (piange) |
SAMM. |
Tanto ti spiace Che in real prence il tuo pastor si cangi? |
BER. |
No; lo merti, cor mio. |
SAMM. |
Dunque a che piangi? |
BER. |
Queste lagrime, o caro, Se sian doglia o piacer, dir non saprei. Quando penso che sei qual d’esser nato Degno ognor ti credei, lagrime liete Verso dagli occhi, e ti vorrei Sammete: Quando penso che degna Or non son più di te, col Ciel m’adiro, Piango d’affanno, e ti vorrei Dalmiro. |
SAMM. |
Ah, se alcun disapprova L’eccesso in me degli amorosi affanni, Vegga Beroe, l’ascolti, e mi condanni! Sì, mio ben, sì, mia vita, Teco viver vogl’io, Voglio teco morir. No, non potrei Lasciarti, anche volendo, in abbandono. O fra boschi o sul trono, O Dalmiro o Sammete, O principe o pastor sarò... sarai... |
BER. |
Deh, sovvienti che ormai Amasi sarà giunto. |
SAMM. |
È vero. Addio. Ma... siamo in pace? |
BER. |
Sì. |
SAMM. |
Del tuo perdono Mi posso assicurar? |
BER. |
Sì, caro. |
SAMM. |
Ottengo I primi affetti tuoi? |
BER. |
|
SAMM. |
E tu sei... |
BER. |
Son quel che vuoi.
|
SAMM. |
Se d’amor, se di contento A quei detti, oh Dio, non moro, È portento, o mio tesoro, È virtù di tua beltà. Del piacer manco all’eccesso; Ma un tuo sguardo in un momento Poi ravviva il core oppresso Dalla sua felicità. (parte) |