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Pietro Metastasio Nitteti IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA QUARTA
Amasi e Beroe
BER. |
(Tremo da capo a piè). (timida e confusa) |
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AMA. |
T’appressa. (esaminandola fissamente, ma senza sdegno) |
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BER. |
(Oh Dio!) |
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AMA. |
Parla. Chi sei? |
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BER. |
Qual vedi, Un’umil pastorella. |
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AMA. |
Il nome? |
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BER. |
È Beroe. |
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AMA. |
Ove nascesti? |
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BER. |
Io nacqui Colà fra quelle selve, Che adombrano del Nil l’opposta sponda. |
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AMA. |
Qual ventura a Sammete Nota ti rese? |
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BER. |
In rozze lane avvolto, Fra le nostre festive Danze innocenti io non so quale il trasse Curioso desio. Mi vide; il vidi; Si protestò pastore; Mi favellò d’amore; Mi piacque, l’ascoltai; Dimandò la mia fede; io la giurai. |
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AMA. |
Stelle, la fede tua! Sposa tu sei? (con premura) |
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BER. |
No, mio re; ma promisi D’esserla un dì. |
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AMA. |
(Respiro). |
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BER. |
Sol Sammete in Dalmiro Oggi, che in ricche spoglie Nella reggia ei s’offerse agli occhi miei, Al fin conobbi, e di morir credei. |
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AMA. |
Come tu nella reggia? |
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BER. |
I tuoi guerrieri Mi trasser con Nitteti. |
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AMA. |
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Beroe, la tua semplicità; ma pensa Ch’or tuo dovere... |
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BER. |
Il mio dover, signore, Pur troppo io so. Non me ne scemi il merto L’eseguirlo per cenno. A regie nozze L’aspirar saria colpa: io ti prometto Che rea non diverrò. Scacciar Sammete Dovrei dal core, il so, mio re; ma questo Non posso offrir; t’ingannerei; conosco Che l’amerò fin ch’io respiri. Ah, forse T’offende l’amor mio! Deh! non turbarti; Sarà breve l’offesa. Io già mi sento Morir d’affanno. Oh, avventurosa morte, Ove per lei riposo (piangendo) Abbian Nitteti, il regno, Figlio sì caro e genitor sì degno. |
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AMA. |
Giusti dèi, qual favella! (sorpreso) Ma sei tu pastorella? Ove apprendesti A spiegarti, a pensar? Quanto han le reggie Di grande, di gentil, quanto han le selve D’innocenza e candor, congiunto io trovo Mirabilmente in te. Deh! non celarti: Chi sei? chi t’educò? |
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BER. |
Qualunque io sono, D’Inaro il padre mio deggio alla cura. |
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AMA. |
E ha saputo un pastor... |
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BER. |
Sempre ei pastore, Signor, non fu. Visse già d’Aprio in corte, Ed è lo stato suo scelta e non sorte. |
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AMA. |
Ah, perché mai non sono Arbitro ancor del mio voler! Qual altra Più degna sposa al figlio mio... Ma voglio Almen, quanto a me lice, Farti, o Beroe, felice. A tuo talento Impiega i miei tesori; Chiedi grandezze, onori; un degno sposo Fra’miei più cari e più sublimi amici Scegli a tua voglia... |
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BER. |
Ah, giusto re, che dici? Io promettermi ad altri! Ogni promessa Sarebbe un tradimento. |
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AMA. |
Ma se resta a Sammete Speranza ancor... |
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BER. |
Non resterà. Ti puoi Di me fidar: né troppo, Signor, Beroe presume; Darà di sé mallevadore un nume. |
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AMA. |
Come? |
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BER. |
Ad Iside offrirmi, e fra le sacre Vergini sue ministre il resto io voglio De’ miei giorni celar. Là, sempre intesa Ad implorar la vostra, Farò la mia felicità. Divisa Da chi solo adorai, perch’ei t’imìti, Perché un giorno ei divenga Un eroe, qual tu sei, Stancherò co’ miei voti almen gli dèi. |
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AMA. |
Ah, Beroe! ah, figlia! io fuor di me mi sento (con trasporto di tenerezza) Di stupor, di contento, Di tenerezza e di pietà. Chi mai Vide fiamma più pura? Chi virtù più sicura? Chi più candido cor? Sammete, ah, vieni! (vedendo Sammete) |