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Pietro Metastasio
Olimpiade

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Scena terza - Licida, Aminta

 

LIC. Oh generoso amico!

Oh Megacle fedel!

AMI. Così di lui

non parlavi poc'anzi.

LIC. Eccomi al fine

possessor d'Aristea. Vanne, disponi

tutto, mio caro Aminta. Io con la sposa,

prima che il sol tramonti,

voglio quindi partir.

AMI. Più lento, o prence,

nel fingerti felice. Ancor vi resta

molto di che temer. Potria l'inganno

esser scoperto: al paragon potrebbe

Megacle soggiacer. So ch'altre volte

fu vincitor; ma un impensato evento

so che talor confonde il vile e 'l forte;

né sempre ha la virtù l'istessa sorte.

LIC. Oh sei pure importuno

con questo tuo noioso

perpetuo dubitar. Vicino al porto

vuoi ch'io tema il naufragio? A' dubbi tuoi

chi presta fede intera,

non sa mai quando è l'alba o quando è sera.

Quel destrier, che all'albergo è vicino,

più veloce s'affretta nel corso;

non l'arresta l'angustia del morso,

non la voce, che legge gli dà.

Tal quest'alma, che piena è di speme,

nulla teme, consiglio non sente;

e si forma una gioia presente

del pensiero che lieta sarà.

 




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