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Pietro Metastasio Olimpiade IntraText CT - Lettura del testo |
LIC. A me «barbaro»! Oh numi!
«Perfido» a me! Voglio seguirla; e voglio
sapere almen che strano enigma è questo.
ARG. Fermati, traditor.
LIC. Sogno o son desto!
ARG. Non sogni no: son io
l'abbandonata Argene. Anima ingrata,
riconosci quel volto,
che fu gran tempo il tuo piacer; se pure
in sorte sì funesta
delle antiche sembianze orma vi resta.
LIC. (Donde viene; in qual punto
mi sorprende costei! Se più mi fermo,
Aristea non raggiungo). Io non intendo
bella ninfa, i tuoi detti. Un'altra volta
potrai meglio spiegarti.
ARG. Indegno, ascolta.
LIC. (Misero me!)
ARG. Tu non m'intendi? Intendo
ben io la tua perfidia. I nuovi amori,
le frodi tue tutte riseppi; e tutto
saprà da me Clistene
per tua vergogna.
LIC. Ah no! Sentimi, Argene.
Non sdegnarti: perdona,
se tardi ti ravviso. Io mi rammento
gli antichi affetti; e, se tacer saprai,
forse... chi sa.
ARG. Si può soffrir di questa
ingiuria più crudel! «Chi sa», mi dici?
In vero io son la rea. Picciole prove
di tua bontà non sono
le vie che m'offri a meritar perdono.
LIC. Ascolta. Io volli dir...
ARG. Lasciami, ingrato:
non ti voglio ascoltar.
LIC. (Son disperato).
ARG. No, la speranza
più non m'alletta:
voglio vendetta,
non chiedo amor.
Pur che non goda
quel cor spergiuro,
nulla mi curo
del mio dolor.