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Pietro Metastasio Olimpiade IntraText CT - Lettura del testo |
LIC. In angustia più fiera
io non mi vidi mai. Tutto è in ruina,
se parla Argene. È forza
raggiungerla, placarla... E chi trattiene
la principessa intanto? Il solo amico
potria... Ma dove andò? Si cerchi. Almeno
e consiglio e conforto
Megacle mi darà.
AMI. Megacle è morto!
LIC. Che dici, Aminta!
AMI. Io dico
pur troppo il ver.
LIC. Come! Perché? Qual empio
sì bei giorni troncò? Trovisi: io voglio
ch'esempio di vendetta altrui ne resti.
AMI. Principe, nol cercar: tu l'uccidesti.
LIC. Io! Deliri?
AMI. Volesse
il Ciel ch'io delirassi. Odimi. In traccia
mentre or di te venìa, fra quelle piante
un gemito improvviso
sento: mi fermo: al suon mi volgo; e miro
uom, che sul nudo acciaro
prono già s'abbandona. Accorro. Al petto
fo d'una man sostegno;
con l'altra il ferro svio. Ma, quando al volto
Megacle ravvisai,
pensa com'ei restò, com'io restai!
Dopo un breve stupore: «Ah qual follia
bramar ti fa la morte!»,
io volea dirgli. Ei mi prevenne: «Aminta,
ho vissuto abbastanza»,
sospirando mi disse
dal profondo del cor. «Senz'Aristea
non so viver, né voglio. Ah! son due lustri
che non vivo che in lei. Licida, oh Dio!
m'uccide, e non lo sa; ma non m'offende:
suo dono è questa vita; ei la riprende».
LIC. Oh amico! E poi?
AMI. Fugge da me, ciò detto,
come partico stral. Vedi quel sasso,
signor, colà, che il sottoposto Alfeo
signoreggia ed adombra? Egli v'ascende
in men che non balena. In mezzo al fiume
si scaglia: io grido in van. L'onda percossa
balzò, s'aperse; in frettolosi giri
si riunì; l'ascose. Il colpo, i gridi
replicaron le sponde; e più nol vidi.
LIC. Ah qual orrida scena
or si scopre al mio sguardo!
AMI. Almen la spoglia,
che albergò sì bell'alma,
vadasi a ricercar. Da' mesti amici
questi a lui son dovuti ultimi uffici.