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Pietro Metastasio
Olimpiade

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Scena quarta - Argene, Aminta

 

ARG. E pure a mio dispetto

sento pietade anch'io. Tento sdegnarmi,

ne ho ragion, lo vorrei; ma in mezzo all'ira,

mentre il labbro minaccia, il cor sospira.

Sarai debole, Argene,

dunque a tal segno? Ah no. Spergiuro! Ingrato!

non sarà ver. Detesto

la mia pietà. Mai più mirar non voglio

quel volto ingannator. L'odio: mi piace

di vederlo punir. Trafitto a morte

se mi cadesse accanto,

non verserei per lui stilla di pianto.

AMI. Misero dove fuggo? Oh dì funesto!

Oh Licida infelice!

ARG. È forse estinto

quel traditor?

AMI. No, ma il sarà fra poco.

ARG. Non lo credere, Aminta. Hanno i malvagi

molti compagni; onde giammai non sono

poveri di soccorso.

AMI. Or ti lusinghi:

non v'è più che sperar. Contro di lui

gridan le leggi, il popolo congiura,

fremono i sacerdoti. Un sangue chiede

l'offesa maestà. De' sagrifizi,

che una colpa interrompe, è il delinquente

vittima necessaria. Ha già deciso

il pubblico consenso. Egli svenato

fia su l'ara di Giove. Esser vi deve

l'offeso re presente; e al sacerdote

porgere il sacro acciaro.

ARG. E non potrebbe

rivocarsi il decreto?

AMI. E come? Il reo

già in bianche spoglie è avvolto. Il crin di fiori

io coronar gli vidi; e 'l vidi, oh Dio!

incamminarsi al tempio. Ah! fors'è giunto:

ah! forse adesso, Argene,

la bipenne fatal gli apre le vene.

ARG. Ah no, povero prence!

AMI. Che giova il pianto?

ARG. Ed Aristea non giunse?

AMI. Giunse; ma nulla ottenne. Il re non vuole,

o non può compiacerla.

ARG. E Megacle?

AMI. Il meschino

ne' custodi s'avvenne,

che ne andavano in traccia. Or l'ascoltai

chieder fra le catene

di morir per l'amico: e, se non fosse

ancor ei delinquente,

ottenuto l'avria. Ma un reo per l'altro

morir non può.

ARG. L'ha procurato almeno.

Oh forte! Oh generoso! Ed io l'ascolto

senza arrossir? Dunque ha più saldi nodi

l'amistà che l'amore? Ah quali io sento

d'un'emula virtù stimoli al fianco!

Sì, rendiamoci illustri. In fin che dura,

parli il mondo di noi. Faccia il mio caso

meraviglia e pietà: né si ritrovi

nell'universo tutto

chi ripeta il mio nome a ciglio asciutto.

Fiamma ignota nell'alma mi scende:

sento il nume; m'inspira, m'accende,

di me stessa mi rende maggior.

Ferri, bende, bipenni, ritorte,

pallid'ombre, compagne di morte,

già vi guardo, ma senza terror.

 




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