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Pietro Metastasio Ruggiero IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA QUINTA
Galleria negli appartamenti di Leone.
Ruggiero ed Ottone
OTT. |
Oh qual di Bradamante in rivederti Sarà la gioia! |
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RUGG. |
Ah! Bradamante, amico, È perduta per me. |
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OTT. |
Perduta! Oh stelle! Che mai dici, o Ruggier? |
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RUGG. |
Taci. Fra’ Greci Erminio è il nome mio. |
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OTT. |
Nulla io comprendo. Credi il tuo ben perduto! Ritorni a noi del tuo rival compagno! Ma che fu? ma che avvenne? |
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RUGG. |
Ascolta, e dimmi Se ha più di me la terra Infelice mortale. Io sconosciuto Sai che quindi partendo... |
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OTT. |
Io so che andasti De’ Bulgari in difesa Contro i Greci oppressori Che reggeva Leon; so che affrontarti Con lui cercavi, ond’ei mai più potesse Aspirar a rapirti il tuo tesoro; Poi mancaro i tuoi fogli, e il resto ignoro. |
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RUGG. |
Odilo. Il gran conflitto, in cui decise Contro i Greci la sorte, Col dì non terminò. Fra l’ombre ancora Seguendo la vittoria, in parte ignota Solo e straniero io mi trovai. Smarrito Cercando asilo, in un munito albergo M’avvenni, il chiesi, e mi fu dato. Accolto In nobil stanza io di bramar mostrai Pronto riposo; e l’ospite cortese Lasciommi in libertà. L’armi deposi: Su le apprestate piume al sonno in braccio Stanco m’abbandonai; ma i sonni miei Se fur lunghi non so; so che riscosso Fra catene io mi vidi. |
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OTT. |
Oimè! |
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RUGG. |
Ne chiedo Ragione a chi m’annoda; Nessun risponde. In tenebroso e cupo Fondo d’antica torre Mi veggo trasportar: chiuder sul capo Del carcere funesto Sento l’uscio ferrato, e solo io resto. |
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OTT. |
E chi tal frode ordì? |
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RUGG. |
La mia sventura. Madre d’un, che pugnando uccisi in campo Temerario garzone, è la germana Del greco imperador, di quell’istesso Tetto signora, ov’io smarrito entrai. |
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OTT. |
Oh errore! |
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RUGG. |
Ognun sapea Che il cavalier straniero L’avea trafitto; ed alle note insegne Palese io fui. Nel suo dolor la madre, Qual tigre orba de’ figli, il suo volea Vendicar nel mio sangue, e farmi a stento La mia morte ottener. Già non lontano Era il mio fin, quando una notte, io credo, (Ch’ivi per me sempre fu notte) ascolto Di grida, di minacce, D’armi, di ferri scossi e d’assi infrante Strepitoso fragore: e, mentre io penso Qual ne sia la cagion, faci improvvise Rischiaran la mia tomba. A me ridente Un giovane sen corre Di sembiante real, gridando: ‘Ah! vivi, Ah! sorgi, Erminio’; e di sua man s’affretta Intanto a sciorre i miei legami. Io chiedo Attonito chi sia. ‘Fui’ mi risponde ‘Nemico tuo; ma il conservar chi onora Al par di te l’umanità cred’io Debito universal. L’adempio, e vengo A meritarti amico. Altra mercede Il tuo da te liberator non chiede.’ |
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OTT. |
Oh magnanimo! E questo Chi fu, che generoso La vita a te donò? |
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RUGG. |
Fu quell’istesso A cui dar morte in singolar tenzone Io geloso volea. |
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OTT. |
Leon? |
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RUGG. |
Leone. |
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OTT. |
Che ascolto! Ed a salvarti Qual cagion lo spronò? |
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RUGG. |
M’avea più volte Pugnar veduto in campo: il mio coraggio Stimò degno d’amore, e non sofferse Di vedermi perir. |
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OTT. |
Dovresti a lui Scoprirti al fin; già ch’egli ha il cor sì grande... |
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RUGG. |
Ah, perché grande ha il core Deggio abusarne? ed obbligarlo a un duro Sagrificio per me? |
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OTT. |
Dunque a che vieni? |
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RUGG. |
Leon l’esige: egli non vuol soffrirmi Da lui diviso; ed io pavento e bramo Di veder Bradamante. |
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OTT. |
A lei frattanto, Se vuoi... |
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RUGG. |
Lasciami: io veggo Da lungi il prence. |
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OTT. |
A lei dirò... |
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RUGG. |
No, taci. Fin che si può, lo sventurato ignori Nostro destin severo. |
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OTT. |
Ma pur... |
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RUGG. |
Parti: ecco il prence. |
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OTT. |
(da sé partendo) |
Il caso è fiero. |